C’è grande amarezza negli occhi di Lello Guglielmi, storico portuale di Imperia, mentre racconta ai giornalisti quello che era un tempo il porto di Oneglia: un via vai continuo e vivace di commerci di grano e olio per le grandi raffinerie della città e per lo storico pastificio Agnesi. Un mondo che non c’è più, ma un porto che può essere salvato e che ancora vive, come dimostra la nave ormeggiata in banchina Aicardi, proveniente da Nizza, che scarica cemento destinato ai vari cantieri del territorio.
E non mancherebbero anche nuove occasioni di sviluppo, come spiega Guglielmi: “Ultimamente abbiamo perso una grande occasione ovvero la possibilità di gestire un traffico di auto via mare che avrebbe potuto portare dieci nuovi posti di lavoro”.
Insieme a Gugliemi c’è Giovanni Zecchini, console della compagnia portuale Maresca. Entrambi raccontano che un tempo nell’ex deposito Franco, ora in disuso, potevano essere conservate fino a 3 mila tonnellate di olio e che l’area doganale continua a essere molto trafficata dai camion provenienti dall’estero per espletare le pratiche di autorizzazione all’ingresso in Italia.
“Il declino è iniziato nei primi anni 2000 – spiegano – prima con la demolizione dei silos per l’olio nell’area del porto di Oneglia e con l’avvento del porto turistico, poi con la chiusura del mulino dell’Agnesi e dell’Agnesi stessa”.
Passiamo anche davanti all’ultima benna del grano che i portuali avevano da poco acquistato quando è arrivata la doccia fredda della chiusura del mulino dell’Agnesi. “L’avevamo appena comprata – raccontano – perchè non ci saremmo mai aspettati che il mulino dell’Agnesi, l’unico del gruppo Colussi, potesse chiudere così rapidamente, nel disinteresse della città e della politica”.
Arriviamo infine in banchina Aicardi dove è ormeggiata la nave proveniente da Nizza. “Attraverso dei tubi sotterranei – spiegano i portuali – il cemento dalla nave arriva ai silos, quelli che non piacciono al Sindaco e che vuole demolire o spostare in un’altra area della città. Tramite i silos vengono caricati i tir che a loro volta raggiungono i cantieri sparsi sul territorio”.
Per sostenere la battaglia dei portuali, sotto le gru arrivano anche una ventina di attivisti. Tra di loro anche Bruno Rossi, storico portuale di Genova, papà di Martina Rossi. È lì che Gugliemi e Zecchini rilasciano le interviste ai giornalisti e chiedono alla città e al Sindaco di non lasciar morire il porto commerciale.
Lello Guglielmi, dell’Impresa Portuale Maresca
“Nessuno sa che lì entrano e escono circa 40 navi all’anno, soprattutto di cemento, bisogna dirlo, è l’ultima merce che che è rimasta lì dopo le defezioni di Colussi e compagnia cantante. Ultimamente però si era presentato una nuova opportunità di lavoro ma è sfumata non si sa bene per quale motivo. Questo è il famoso traffico di auto che poi ha preso Messina a Genova.
A Messina, a Genova per fargli prendere il traffico di auto gli hanno asfaltato un piazzale. Anche a noi ci hanno asfaltato un piazzale, ma non per farci prendere le auto, per sbatterci fuori dai nostri spazi, nostri tra virgolette ovviamente.
Noi chiediamo al Sindaco umilmente di poter essere riconosciuti come quelli che siamo, cioè lavoratori portuali in un porto commerciale normale.
Ci sono manovre più o meno lecite, forse è una parola un po’ troppo forte, più o meno velate di trasformazione da parte della Goimperia di diventare articolo 18, sarebbe un terminalista, sarebbe un’impresa con degli spazi a terra e un specchio acqueo a disposizione.
Quindi in pratica dovrebbe fare il lavoro che facciamo noi. È tutta da vedere la cosa dai non mettiamo il carro davanti ai buoi.
L’ultimo che è sceso da questa gru sono stato io, perché proprio questa gru qua che è messa in questo senso mi è stato imposto dalla capitaneria di metterla in questo senso perché avevano paura che il bozzello potesse cadere su quelli che passeggiavano sulla Calata Cuneo.
Che effetto fa vedere il porto in queste condizioni? Fa male, io ci sono invecchiato nel porto, quindi dall’82 che sono qua. Una cosa incredibile, ci sono sempre state tutte le premesse per arrivare a questi livelli.
Francamente pensavamo che fosse una cosa un po’ più soft, invece poi ha preso una china molto ripida e ci porterà dove? Questa è diventata la città dei balocchi, la città dei balocchi adesso prevede il Luna Park sull’obiettivo due”.
Giovanni Zecchini, console della compagnia portuale Maresca
“Noi contestiamo le affermazioni di questa amministrazione comunale che dice che finalmente gli spazi inutilizzati sono stati restituiti alla città.
Noi diciamo che questi spazi sono inutilizzati perché? Perché L’amministrazione comunale considera questo porto di propria proprietà, di sua proprietà, in realtà ha una delega dalla regione, quindi noi diciamo che questo porto è amministrato malissimo.
Quindi la responsabilità se il porto è in queste condizioni è di chi amministra un bene che in tutte le città del mondo dovrebbe essere considerato una perla e una prospettiva di lavoro.
Qui invece si stanno asfaltando le banchine per fare delle feste comandate, si stanno utilizzando degli aeroportuali per metterci Luna Park.
Quando siamo stati contattati per proporre delle proposte di lavoro, voi cosa sapete fare? Ci è stato detto di andare a pitturare i pali sul moro di Porto Maurizio.
Noi diciamo che nonostante tutto, dato che non sarebbe di competenza nostra in quanto qui non esiste un’autorità di sistema portuale, essendo stato declassato con la legge delega del 99 mi pare, è la Capitaneria di Porto che fa le funzioni.
Quindi non ha l’autorità, la forza e nemmeno il suo ruolo di trovare nuovi lavori.
Dovrebbero venire da questa amministrazione che dice che, abbiamo sentito con le nostre orecchie, che è stato detto che non sono contro il commerciale, di fatto poi quello che succede è una continua riduzione di spazi a terra e quindi capite voi che lavorare in queste condizioni diventa impossibile.
Qui c’è una nave di proprietà del cementificio della Vicar, è un cementificio francese che viene qui, sbarca il cemento che viene confluito in quei silos,
nel rispetto dell’ambiente e anche togliendo dei tir dall’autostrada.
Noi siamo piccoli, siamo la più piccola compagnia d’Italia, ma vorremmo che partisse da noi una tavola, un’assemblea pubblica che noi vogliamo lanciare questo autunno, dove si ragioni su come far lavorare dei porti piccoli.
Tutto quello che è successo ultimamente dopo il Covid, dopo i conflitti, dopo tutti questi assetti geopolitici che cambiano ogni giorno lo vediamo sotto gli occhi di tutti. Basta una nave che si metta di traverso e si blocca il canale di Suez come è già successo per mesi, i porti piccoli hanno una loro forza.
Il mercato sta andando verso il fideraggio, cioè le navi grosse portano le merci in un contenitore e poi le piccole navi vanno a distribuire, che sono più veloci, meno attaccabili e possono arrivare ovunque, vanno a raggiungere tutti i porti del mondo.
Noi diciamo che il porto di Imperia, anche se è a detta di tutti a un porto comunale, sia un porto internazionale, perché la merce che noi trattiamo, il cemento, arriva da Nizza, viene stoccata qui e poi parte per il basso Piemonte con i camion.
Dovrebbe essere gestito da un’autorità di sistema, il nostro punto d’arrivo sarebbe quello di proporre in regione, al Ministero dei Trasporti, che questo porto venga reinserito in un’autorità di sistema portuale.
Dicono tutti che a Imperia nessuno sa che ci sia un porto che lavora. Noi vogliamo che Imperia sia uno dei quattro punti fondamentali, Imperia, Genova, Savona e la Spezia.
Ci sembra stupido rinunciare a una banchina che funziona, a un porto che funziona, dove ci sono tutte le maestranze che rendono questo porto un porto che funzioni.
Ritornando al discorso che mi dicevi del traffico, si sono presentati dei personaggi che fanno capo alla Stellantis, quindi un grosso gruppo che tratta automobili, arrivavano dal Marocco
Arrivavano dal Marocco e la nave attraccava qui sulla banchina oceanica e noi dovevamo, si chiama traffico Ro Rò, noi dovevamo prelevare queste macchine dalla nave e metterle su uno spazio a terra e poi da lì con le bisarche queste macchine venivano trasportate in un’area sopra Vado Ligure.
Quando noi abbiamo chiesto se questo lavoro si poteva fare ci è stato detto che tecnicamente non c’era nessun problema, quindi il problema è politico secondo noi.
Di fatto, noi non vogliamo dire cose che non conosciamo, ma di fatto poi questo lavoro è stato preso da una società di Genova e quindi è uscito sui giornali che questo per Genova sarebbe stato un polmone per utilizzare nuove maestranze, perché ci volevano più di 10 persone per fare questo lavoro.
Quindi sarebbe stato anche un modo di aumentare la forza lavoro della compagnia Maresca che adesso è arrivata proprio al lumicino, quindi qui per il lavoro di Imperia mi pare che 10 persone servivano per fare questo lavoro”.