7 Agosto 2024 13:44

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7 Agosto 2024 13:44

Un’imperiese in Palestina: “Siamo ad At Twani, il villaggio simbolo della nonviolenza nella regione di Masafer Yatta”/Le immagini 

Siamo ad At Twani, il villaggio simbolo della nonviolenza nella regione di Masafer Yatta a Sud di Hebron che esercito e coloni da anni cercano di svuotare della sua popolazione legittima e originaria palestinese ma dal 7 ottobre questo procede con accelerazione e violenza inaudita, sostenuti pienamente dal governo“. Inizia così il terzo report (qui e qui gli altri due) dell’imperiese Susanna, tornata in Palestina per aiutare la popolazione, devastata da continui conflitti. Per far conoscere quella realtà a chi non si trova sul posto, realizza servizi in cui racconta tutto ciò di cui è testimone.

Un’imperiese in Palestina: il nuovo report di Susanna

Giovedi 1 agosto tre coloni sono entrati con violenza in casa di Mosab, vicino a noi, hanno picchiato 2 bambini e accusato il giovane Wasim, 22 anni, di aver lanciato pietre contro la colonia. Arrivata la polizia, lo ha arrestato sulla parola dei due coloni e, ammanettato e bendato, lo ha portato via rapidamente. In attesa di processo…. Impunità totale per i coloni che uccidono.

La detenzione amministrativa, ammessa dalla Convenzione di Ginevra solo per brevissimo tempo, è pratica ordinaria verso i Palestinesi da sempre: a fine maggio vi erano 3.661 detenuti senza accusa né processo. Viene prolungata per mesi e anni. Sempre a fine maggio vi erano più di 9.300 palestinesi nelle carceri israeliane dei quali 6.220 arrestati dopo il 7 ottobre, tra i quali 70 donne e 200 bambini. (Rapporto al Relatore Speciale ONU). Oggi, ancor di più.

Dalle interviste dei sopravvissuti si sanno quali terribili torture vengono fatte sui civili, soprattutto nella prigione israeliana Sde Teiman, nel sud del Negev, dove vi è un corpo apposito estremamente feroce: i medici palestinesi e israeliani che hanno avuto accesso in quella o altre prigioni, hanno definito le condizioni dei detenuti peggiori di quelle di Abu Graib e Guantanamo: immobilizzati per giorni con catene a mani e piedi, percossi con catene, ustioni con sigarette e acqua bollente, elettroshock, fame, privazione di cibo e sonno, violenza sessuale su uomini e donne, quest’ultima dichiarata legittima dalla Corte israeliana. Ma che paese è?

Al proposito, cito Muazzaz Abayat, 37 anni, arrestato 9 mesi fa di notte nella sua casa di Betlemme dov’era con la famiglia: 4 bambini e la moglie incinta di 1 mese. Sportivo, forte, ritornato a casa irriconoscibile e ancora sotto shock. In internet si trova l’intervista fattagli in ospedale e si vede come hanno ridotto un uomo di 110 kg a meno di 50 usando brutalità quotidiane efferate ed umilianti.

Tornando alla regione di Masafer Yatta sotto ordine di demolizione: i coloni (di origine russa, ucraina, americana, ecc.) hanno fatto talmente un bel lavoro di violenze e furti, distruzioni e intimidazioni sempre protetti dai soldati, che diverse famiglie hanno abbandonato le loro proprietà dove vivevano da generazioni. Ma tante altre resistono!

Come ad At Twani dove la famiglia Hureini, simbolo, da decenni, della resistenza non violenta alle violenze di coloni ed esercito si è vista espropriare molta altra terra e, rispetto all’ottobre scorso, si è vista posizionare una brutta torretta con bandiera israeliana sulla sua proprietà, distruggere con un bulldozer più volte il giardino di erbe aromatiche che aveva creato e parte del terreno sul quale avevamo lavorato anche io e V.. Nel terreno rimasto e, tra una incursione e l’altra di coloni e soldati, Hafez sta piantando delle viti. L’altro giorno un soldato ha interrotto il lavoro, fotografato ogni volontario, controllato ogni zolla, rifiutato di parlare con Hafez. Per il soldato il lavoro nei campi è un atto illegale ☹… e d’altra parte giorni prima un colono aveva chiamato la polizia accusando Hafez di voler costruire un tunnel!!! Che dire di tanta fantasia malata…

Hafez parla in modo fluente l’ebraico, sa bene che il minimo atto di ribellione anche alla peggiore violenza significherebbe l’arresto… come quando due coloni gli hanno fratturato entrambe le braccia e ad essere arrestato è stato solo lui…
Continua a migliorare la sua casa con un bel giardino e muri a difesa anche della Guest House per i volontari che, comunque, è già sotto ordine di demolizione.

Abbiamo trascorso diverse notti e giorni con una famiglia di Um Durit, dove la presenza è assicurata 24h/24. Nell’ottobre scorso subì un vero e proprio pogrom da parte dei coloni che sistemati abusivamente sulla sua collina proprio di fronte: decise di abbandonare la proprietà salvando alcuni animali. Quando ritornò a marzo, trovò le costruzioni, i contenitori dell’acqua, tutto distrutto. Stanno ricostruendo le case ancora più belle e da capo ripiantano collocando diverse telecamere. Noi, oltre a tenere d’occhio sempre l’out post, la strada, tutti i movimenti dei coloni, accompagniamo le giovani donne a raccogliere frutta, ad irrigare le piante, attenti anche ai droni lanciati dai coloni per spiare i Palestinesi o disturbare gli animali, attenti al movimento di qualunque mezzo o persona.

Ma è vita? Vi sono famiglie costrette, con tanto terreno dinanzi a loro, ad acquistare il foraggio, perché troppe volte sono state derubate dei loro animali quando li portavano al pascolo e ora non lo fanno più.

E’ fondamentale esserci, pronti a filmare e scattare foto per riprendere volti, azioni prepotenti, targhe, perché le denunce degli avvocati abbiano speranza di un esito positivo. Non per altro chiunque è minimamente sospettato di essere un attivista, viene rifiutato alla frontiera e può avere il divieto di ingresso fino a 10 anni! Israele non vuole testimoni.
Così come non concede l’ingresso alla Special Rapporteur ONU, sta cercvando di eliminare l’UNRWA e così non vuole noi!

Ma noi ci siamo: persone da tutto il mondo che continuano, nonostante i tempi difficili, ad arrivare e se si riesce a garantire la presenza a diverse famiglie che vivono nella costante insicurezza è grazie ad un importante Coordinamento tra molte Associazioni, Movimenti Palestinesi, Internazionali e Israeliani. Segnalo, perché italiana, la collaborazione nata tra la storica Operazione Colomba e Mediterranea, Ong per i salvataggi in mare che ha deciso di portare il suo impegno anche qui dove la violazione dei DDUU è massima.

Giorni fa ho avuto la fortuna di poter conoscere uno dei fondatori di Breaking the Silence, l’Associazione di ex soldati israeliani che, finito il servizio militare obbligatorio, hanno iniziato e continuano a denunciare le efferatezze che l’esercito ha compiuto a Hebron. Miki Kratsman, che ha lavorato per 12 anni con il grande Gideon Levy per Haaretz, rivista della sinistra israeliana è giunto a Um Durit con altri giornalisti per intervistare il fattore e conoscere la sua lotta quotidiana. Con Miki ho parlato anche dei suicidi dei giovani soldati soprattutto dopo il servizio militare. Numeri celati, manipolati, indubbiamente altra vergogna per Israele.

Se Israele cerca di eliminare ogni occhio critico, allora occorrono ancor più volontari, altri occhi che vedano e denuncino. Occorre premere sui governi perché smettano di avere relazioni economiche con paesi genocidari, Occorre che ognuno di noi faccia la sua parte, ad esempio Boicottando i prodotti Israeliani realizzati con le risorse rubate al popolo palestinese! Ognuno di noi!
Rispettiamo il grande coraggio del popolo palestinese con una nostra azione continua! Non posso che invitarvi a venire. Chiunque tocca con mano la realtà, non ha dubbi che per costruire la Pace occorre dar vita alla Giustizia”.

Susanna

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