Chi ha paura del lupo? Bisogna essere onesti: verrebbe da alzare subito la mano e rispondere “Io!”. Eppure, se abbandoniamo per un istante la favola di Cappuccetto Rosso, I Tre Porcellini o i terrificanti racconti che hanno segnato la nostra infanzia e che hanno consolidato l’immagine del lupo come un predatore minaccioso (soprattutto per i bambini) forse questo animale potrebbe stagliarsi davanti ai nostri occhi con una veste completamente diversa. Non più spaventosa e negativa, ma affascinante e soprattutto importantissima per la biodiversità.
E questo nuovo sguardo nei confronti del lupo diventa giorno dopo giorno sempre più importante perché questo animale sta facendo irruzione nella cronaca nostrana con maggior frequenza destando sempre più domande da parte dei cittadini. Lupi che compaiono di notte nelle città di montagna, resti organici nei pressi di allevamenti, carcasse a bordo strada… Cosa succede? Perché ci sono così tanti lupi?
Dubbi leciti e perplessità più che comprensibili che meritano qualche chiarimento al fine di riuscire a capire meglio cosa sta succedendo e perché il lupo sta tornando a far parlare così tanto di sé. Per questo motivo abbiamo contattato due esperti di questo animale, due persone che hanno buttato giù la cortina di nebbia e paura che avvolgeva il lupo e ne hanno scoperto il lato più appassionante: Paolo Rossi, fotografo naturalista specializzato proprio nelle foto ai lupi e Matteo Serafini, naturalista e ricercatore, coinvolto nel Progetto Regionale “Il lupo in Liguria” dal 2009 al 2016.
Il lupo torna dopo 100 anni di assenza. Paolo Rossi: “Dobbiamo ricominciare a conviverci”
Forse non tutti lo sanno, ma il lupo viveva le nostre montagne e il nostro entroterra circa 100 anni fa e anche prima. Piano piano però i lupi sono stati cacciati, uccisi e sterminati arrivando intorno alla metà degli anni ‘70 in cui di questo animale erano rimasti pochi esemplari.
Se da un lato molti hanno tirato un sospiro di sollievo, dall’altra il problema dell’assenza di predatori e un disequilibrio nella catena alimentare ha iniziato a farsi sentire. Lentamente però il lupo è tornato. E non per una immissione materiale, ma per via del semplice fluire del tempo: l’uomo ha abbandonato le montagne, sono tornate alcune prede naturali del lupo e lentamente anche questo animale ha ricominciato a popolare il suo territorio. Un fenomeno naturale insomma, spiegato dagli zoologi da anni.
Paolo, raccontaci perché, secondo te, il lupo viene guardato così con sospetto e paura.
Spesso si guarda al lupo come un problema politico invece che come un’opportunità o come un tassello in più della biodiversità. L’animale viene guardato con sospetto perché non si conosce veramente. Del resto sono pochissime le persone che si impegnano a spiegare come stanno realmente le cose. È ovvio che fa paura un predatore. Se trovo un capriolo ucciso sulla porta di casa, vivo con la paura che possa mangiare anche me.
Ora però le cose stanno mutando e ci sono delle persone, soprattutto tra coloro che vivono nell’entroterra, che stanno cambiando mentalità.
Esatto. Alcune persone hanno iniziato ad ammirare il lupo per la sua difficile vita quotidiana, fatta di lotte e difficoltà, ma anche perché per molti diventa un’opportunità. Ci sono allevatori, piuttosto che agricoltori che mettono una videotrappola fuori dall’azienda per dimostrare che i lupi passano attorno, ma non hanno mai subito predazioni.
E i lupi non mangiano il bestiame o non attaccano gli animali?
Il lupo è un predatore. Ma se gli animali o il bestiame vengono gestiti in modo ligio e razionale, ossia vigilando le capre di giorno, chiudendole di notte, installando dei recinti… il problema della predazione si riduce quasi a zero e la convivenza diventa “pacifica”.
Quindi si può convivere con il lupo?
Certo. Il problema è che il lupo torna dopo 100 anni di assenza, dopo che li avevamo sterminati tutti e non siamo più abituati a convivere con essi. Occorre incrementare il lavoro di educazione e di informazione. C’è chi si documenta, si adatta e gli viene persino la passione di capire come convivere con il lupo e chi invece è restio e si lasciano andare al bracconaggio, finendo poi nel penale e rischiando il carcere.
E tu, con il tuo lavoro ne hai incontrati molti? Come ci si sente?
Io ho incontrato circa 30-40 lupi in 15 anni. Ho dimostrato che il lupo non è tendenzialmente aggressivo verso l’essere umano, purché ci si comporti in modo etico: evitando le zone di riposo e di riproduzione, non lasciando cibo in giro o scarti alimentari e facendo il possibile per non dare confidenza al predatore. Cercare il lupo non significa diventare amico, ma mantenere una distanza, documentare e godersi la magia quando li si incontra.
Il lupo in Valle Argentina. Matteo Serafini: “Vedere un lupo a Triora non deve stupire. Ma se lo vediamo in centro ad Arma di Taggia dobbiamo riflettere”
La Valle Argentina è senza dubbio una zona molto vocata alla presenza del lupo. Qui l’animale può trovare una buona copertura boschiva, abbondanti prede e un basso disturbo da parte dell’uomo. Questi luoghi diventano quindi aree idonee non solo per il lupo, ma anche per tantissimi altri animali o specie vegetali. Un vero e proprio concentrato di biodiversità che va dalla macchia mediterranea ai paesaggi alpini dove il lupo è gradualmente tornato ad abitare dopo quasi un secolo di assenza. La domanda che dovremmo farci tutti? “Dove non è presente il lupo?”.
Matteo, raccontaci come è cambiata la distribuzione del lupo a livello locale
Dalla metà degli anni ‘90 il lupo è ufficialmente ricomparso nel ponente ligure e, da quel momento, le cose sono cambiate. Tra il 2009 e il 2016 la distribuzione a livello locale riguardava principalmente l’area alpina e prealpina, i branchi erano molto pochi e occupavano vaste porzioni di territorio. Oggi le cose sono diverse. Il lupo è praticamente ubiquitario: dalla montagna al mare. Sicuramente i territori dei branchi sono diminuiti come superficie, ma il numero è aumentato, cercando di incastrarsi tra loro come in un mosaico per evitare sovrapposizioni. È la naturale dinamica di espansione per questa specie e se una volta si parlava di 1 o 2 branchi “residenti” in provincia di Imperia, oggi ce ne sono di più. La situazione è ancora in evoluzione e la percezione dei residenti che la popolazione ligure di lupi sia aumentata è corretta, benché sulle stime si tende sempre a esagerare un po’.
Ma questo aumento comporta delle problematiche locali?
Oggi i problemi principali sono i danni al patrimonio zootecnico. Tuttavia la prossimità ai centri rurali pone altre sfide che non riguardano la nostra incolumità quanto quella dei nostri animali d’affezione o da cortile. Vedere un lupo a Triora non deve sconvolgere, ma un lupo, faccio un esempio, che si muove in pieno centro ad Arma di Taggia magari deve far riflettere. Come abbiamo detto la popolazione è aumentata, ovvio, ma ci sono situazioni che possono favorire la presenza del lupo in zone anomale come una non corretta gestione dei rifiuti, degli animali da cortile o da compagnia. Per evitare i conflitti l’uomo deve prendere atto del cambiamento del contesto naturale intorno a lui e adattarsi trovando comportamenti corretti da seguire.
Hai parlato di rifiuti. Il fatto che siano gestiti in modo poco accurato può spingere il lupo ad avvicinarsi in città come con i cinghiali? Era questo che intendevi quando hai fatto riferimento al fatto di vedere un lupo in centro?
Una scorretta gestione dei rifiuti urbani, ma anche dei sottoprodotti di origine animale delle aziende, possono favorire l’avvicinamento della fauna selvatica, carnivori inclusi. Discariche a cielo aperto e depositi di scarti animali rappresentano fonti alimentari facilmente accessibili per la fauna selvatica e se si trovano presso allevamenti o centri rurali creare problemi. Anche la raccolta differenziata porta a parta, in certe aree montane, se non è fatta correttamente dai cittadini e gestita bene dalle società preposte può rappresentare una criticità.
E quindi dobbiamo avere paura?
Quando faccio educazione ambientale o serate divulgative questa domanda mi viene fatta spesso. Non mi sento di rispondere con un “no” secco: ogni animale selvatico è potenzialmente pericoloso, ma è il nostro modo di agire che ci espone al rischio di aggressioni. Io cercavo il lupo, ma con la consapevolezza di ciò che facevo. Purtroppo oggi si va in montagna sempre meno informati: non si conoscono le caratteristiche naturali dei luoghi che si visitano né tantomeno come comportarsi. Una incoscienza che espone a rischi per se stessi e per gli ambienti naturali.
Cosa si dovrebbe fare ad esempio…
Nel caso specifico del lupo o dei grandi carnivori in generale evitare cani liberi, avere un atteggiamento palese e muoversi in gruppo sono sicuramente comportamenti corretti quando si va in montagna. Conoscere il territorio e avere la consapevolezza di cosa può succedere sono fondamentali.
La natura si riprende gli spazi che noi le lasciamo insomma. E anche il lupo è tornato a rimettere in equilibrio una situazione traballante per quanto riguarda la catena alimentare del nostro entroterra e la biodiversità locale. Cosa potremmo fare? Informarci, farci una nostra idea sentendo gli esperti, provando a capire ciò che sta accadendo e trovare i modi migliori per convivere con gli animali selvatici come il lupo.
Il tutto imparando a gioire non solo quando vediamo il bagliore, ormai sempre più raro, di una lucciola in estate, ma anche quando una fototrappola inquadra mamma lupa con dei lupacchiotti correre libera nel bosco.
Selena Marvaldi