Si sono svolte questa mattina, lunedì 4 novembre, in Piazza della Vittoria a Imperia, le celebrazioni in occasione della giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate nella ricorrenza della fine della prima guerra mondiale.
Imperia celebra la festa dell’unità d’Italia e delle forze armate
La manifestazione ha preso il via questa mattina con la rassegna del Prefetto ai reparti schierati in armi dell’Esercito Italiano, della Capitaneria di Porto, dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Polizia di Stato, della Polizia Penitenziaria e alle Rappresentanze non in armi dei Vigili del Fuoco, della Polizia Municipale, della Croce Rossa Italiana e dei Volontari della Protezione Civile.
Dopo la cerimonia dell’Alzabandiera, sulle note dell’inno d’Italia, sono stati resi gli onori ai Caduti di tutte le Guerre. È stata data lettura del “Bollettino della Vittoria” e dei messaggi del Capo dello Stato e del Ministro della Difesa.
La cerimonia si è conclusa con l’orazione ufficiale curata quest’anno dal Presidente del Tribunale di Imperia, dott. Eduardo Bracco.
Siamo qui per ricordare il 106° anniversario della vittoria nel primo conflitto mondiale, ma non ci riuniamo per celebrare una vittoria.
Papa Francesco, durante l’Angelus di tre giorni fa, ha ricordato quanto la guerra sia sempre una sconfitta e ignobile. In altre occasioni, nei suoi innumerevoli appelli per la pace, l’ha definita un crimine contro l’umanità.
Oggi, in un’Italia unita, ci troviamo qui per rendere omaggio ai caduti di tutte le guerre e alle forze armate.
La guerra che si concluse il 4 novembre 1918 fu il primo conflitto totale, che coinvolse non solo gli eserciti, ma anche la società civile nelle sue dimensioni politiche, culturali, economiche e sociali. Fu la prima guerra combattuta per mare, terra e cielo, con l’uso di armi mai viste prima come carri armati, aerei, sottomarini e gas asfissianti.
Gli italiani, all’inizio di quel conflitto, non erano preparati a un tale massacro. I conflitti dei precedenti cento anni erano stati brevi e meno sanguinosi.
Un’intera generazione di giovani scomparve, oltre 600.000. Molti tornarono a casa feriti, mutilati e spesso con profonde ferite psicologiche.
Fu una tragedia, come lo è ogni guerra, portatrice di lutti, dolori e devastazioni, un sacrificio che coinvolse un popolo intero.
Fianco a fianco nelle trincee, giovani di ogni regione e di ogni estrazione sociale combatterono per un’Italia unita, rendendo onore al sacrificio estremo.
Lo spirito di sacrificio, a volte eroico, emerge anche dalle lettere arrivate fino a noi, scritte dai soldati alle loro famiglie. In quelle lettere, spesso, cercavano di rassicurare i familiari dicendo che sarebbero tornati presto, ma descrivevano anche le condizioni miserabili in cui vivevano: pioggia, fango, scarsità di cibo e la convivenza con i topi.
Colpisce una lettera in cui un soldato racconta che il nemicoera a soli 30 metri di distanza e che, nelle pause, si scambiavano persino qualche parola.
È nostro dovere mantenere vivo il ricordo di chi sacrificò la propria vita per ideali di libertà e per consegnare alle generazioni future un’Italia unita, libera e democratica.
Il nostro pensiero va anche a coloro che, negli ultimi decenni, hanno perso la vita nelle missioni internazionali, come i 38 caduti in Iraq, i 53 in Afghanistan, i 19 a Nassiriya, e a tanti altri. Pensiamo anche ai militari che hanno contratto patologie durante le missioni.
Onoriamo la memoria di questi militari, vittime delle guerre e delle missioni all’estero, e di coloro che hanno adempiuto il proprio dovere fino all’estremo sacrificio.
Il ricordo di quei dolori e di quelle sofferenze deve risvegliare le nostre coscienze e costituire uno stimolo per adempiere ai nostri doveri, rappresentando il patrimonio dei più alti valori spirituali e morali delle nostre forze armate. Quegli ideali di fratellanza, responsabilità e senso di appartenenza trovarono piena attuazione con la Costituzione Repubblicana del 1948, che sancì i diritti fondamentali dei cittadini e individuò nel tricolore il più alto simbolo dell’unità d’Italia.
Vedo tanti tricolori, soprattutto tenuti dai giovani. La nostra bandiera è qualcosa di prezioso: esiste un protocollo ufficiale che ne stabilisce persino il modo corretto di piegarla. E non mancano interpretazioni sui significati dei tre colori, testimonianza di un simbolo che continua a unire il nostro Paese”.
La cerimonia dell’alza bandiera sulle note dell’inno d’Italia
Gli onori ai caduti
A cura di Alessandro Moschi