Sono stati presentati questa mattina, presso la Corte d’Assise di Imperia, i risultati della perizia medica richiesta per valutare se Salvatore Aldobrandi, il 74enne accusato dell’omicidio volontario aggravato di Sargonia Dankha, possa rimanere in regime di carcerazione.
I medici della commissione peritale, incaricati nelle precedenti udienze, hanno esposto i risultati del loro esame, svolto presso il carcere di Valle Armea a Sanremo, dove Aldobrandi è detenuto dal giorno dell’arresto.
Tensione in aula al termine della deposizione della perizia medica
Secondo la perizia medica, “Non c’è alcuna incompatibilità di Aldobrandi al carcere“.
“Processo di merda – ha esclamato Aldobrandi alla fine della deposizione dei periti, per poi proseguire con un attacco al Pubblico Ministero. Il Presidente Indellicati è intervenuto: “Non si deve permettere. In un processo pubblico il rispetto è obbligatorio”.
“Sono 17 mesi che non vedo i miei figli e non ho i miei diritti” ha urlato l’imputato uscendo dall’aula.
Aldobrandi, dopo essersi calmato, ha chiesto scusa per l’accaduto.
Le conclusioni della perizia
La commissione peritale, composta da Claud Orengo Maglione (medicina legale), Alessandro Leonardi (neurologia) e Claudio Rapetto (medicina interna e cardiologia), è stata incaricata di valutare la compatibilità delle condizioni fisiche e mentali dell’imputato con la carcerazione. A seguito della richiesta della difesa, rappresentata dall’avvocato Fabrizio Cravero, i medici hanno preso in esame lo stato di salute complessivo di Aldobrandi, considerandone il quadro clinico e le condizioni di detenzione.
Il Dottor Orengo si fa portavoce del team di periti e dichiara: “ Il collegio conferma quanto dichiarato nella relazione, nella cui redazione non ci sono state ne difficoltà ne contrasti. Abbiamo valutato tutti gli aspetti, eseguiti esami cardiologici e sottoposto l’imputato agli esami del dottor Leonardi. Concordiamo che, a oggi, le risultanze evidenziano una compatibilità con il regime carcerario”.
L’avvocato della difesa richiede però delle precisazione al cardiologo, il dottor Rapetto, inerente ad uno stress rilevato legato allo stato ansiose che potrebbe influire a livello coronarico sul testimone. “L’accertamento in ordine alle eventuali terapie che possano evitare questo rischio, sono fronteggiabili in carcere?”
“Abbiamo identificato che i farmaci usati in questo caso sono di uso comune per stabilizzare la pressione e il colesterolo – spiega il dottor Rapetto – Le condizioni quindi ci sono. Per quanto riguarda la malattia cardiaca pregressa, lo stress non è un fattore di rischio in cardiopatia. La malattia dell’imputato potrebbe comportare delle fibrillazioni atriali, in qualsiasi soggetto, indipendentemente da qualsiasi stress psichico”.
“Il regime di detenzione non è piacevole e ovviamente preoccupa chiunque. Ma lo stato ansioso non aumenta il rischio di malattie cardiologiche. Le conclusioni sono chiare: non c’è una incompatibilità al carcere” chiosa il dottor Orengo.
La difesa ha chiesto anche se, a livello di regime alimentare, sono stati fatti dei controlli visto che il non seguire determinate terapie o comportamenti può causare problemi. “Onestamente no” dichiarano i periti e il Presidente del Collegio interviene “Non abbiamo chiesto ai periti di controllare il carcere, laddove dovesse ritenere che sussistono problematiche, non vengono dati alcuni cibi o altro potrà chiedere una ispezione”.
Il dottor Rapetto interviene poi spiegando che “non serve una dieta particolare, né particolari attività fisiche, basta camminare e mangiare sano”.
Alla perizia hanno contribuito anche i medici nominati dalle parti: per la Procura, la dottoressa Camilla Tettamanti, medico legale; per la difesa, il medico legale Andrea Leoncini e lo psichiatra Giovanni Stracquadaneo.