21 Novembre 2024 12:21

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21 Novembre 2024 12:21

Un’imperiese in Palestina: il report di Susanna Bernoldi. “I governi non si muovono o si limitano a sterili condanne continuando ad inviare armi”

“Inizio con la gioia di aver trovato tanti volontarie e volontari da Italia, USA e diversi paesi europei. L’odioso omicidio, a settembre, della giovane Aysenur da parte del cecchino israeliano a fine manifestazione nel villaggio di Beita non ha fermato chi non accetta le ingiustizie e soprattutto un vergognoso genocidio sotto gli occhi del mondo.” Così inizia il report dell’imperiese Susanna Bernoldi, in Palestina per supportare la popolazione devastata da continui conflitti.

Un’imperiese in Palestina: il report di Susanna Bernoldi

“Un report al volo dalla terra che amo!

Inizio con la gioia di aver trovato tanti volontarie e volontari da Italia, USA e diversi paesi europei. L’odioso omicidio, a settembre, della giovane Aysenur da parte del cecchino israeliano a fine manifestazione nel villaggio di Beita, non ha fermato chi non accetta le ingiustizie e soprattutto un vergognoso genocidio sotto gli occhi del mondo.

I governi non si muovono o si limitano a sterili condanne continuando ad inviare armi. Vedi le commesse del nostro governo in pieno genocidio e il contratto per 20 anni della nostra Leonardo per aerei ed elicotteri di addestramento per i soldati israeliani, che li useranno per “finire il lavoro” a Gaza come ha detto Trump a Netanyahu.

Ebbene, vi sono persone di ogni età e vissuto che vengono per essere a fianco del popolo palestinese sottoposto, anche in tutta la Cisgiordania, ad attacchi, omicidi e distruzioni da parte dei coloni e dell’esercito. Essere deterrenza, testimoni che denunciano.

Vi scrivo da un villaggio sopra Nablus, perché nel nord continua la raccolta delle olive, ricchezza primaria del popolo palestinese. Siamo ospitati in un bellissimo salone, una “wedding hall” con comodi materassi e coperta, bagni, cucina; ogni mattina i nostri amici palestinesi organizzano un piccolo bus per raggiungere uliveti su cui incombono insediamenti illegali dai quali i coloni scendono armati di M16, bastoni o sassi per cacciare i legittimi proprietari dei terreni, che devono ottenere dall’esercito il permesso di entrare nelle loro proprietà nonostante lavorino quei campi da generazioni. Molte volte i permessi sono negati, altre volte dati per 1 o 2 giorni anche se vi sono centinaia di alberi.

Oppure accade come ad Al-Sawiya, Al-Luban e Al-Sharqiya dove, nonostante l’esercito avesse accordato il permesso di raccolta, lo stesso esercito con la guardia della colonia hanno assalito e poi arrestato i contadini e gli amministratori dei villaggi, ed hanno requisito tutto l’equipaggiamento per la raccolta.

Ma il Top è stato il 5 novembre: i proprietari di diversi terreni nel villaggio di Carryut a sud di Nablus, dopo due anni di proibizione di entrare nelle loro proprietà, hanno ottenuto il permesso per soli due giorni, ma, giunti alcuni giorni fa ai loro campi, hanno constatato con disperazione il taglio di 500 alberi (!!!). I terreni sono vicini alla colonia illegale Eli costruita sul terreno rubato al villaggio. 500 alberi. 500 vite. Migliaia di famiglie hanno già perso il lavoro che svolgevano in Israele ed ora le olive sono l’unica risorsa.

Diciamo che soldati e coloni ottemperano con estrema solerzia ai dettami del Sionismo già di fine 1800 e agli incitamenti di Ben Gurion di liberare la Palestina dalla “sua popolazione araba”. 500 alberi. Amo gli ulivi che per me hanno un significato profondo. Anche questa è una strage, come l’uccidere pecore, cammelli, cavalli, bruciare i raccolti. Ben Gurion lo raccomandava… “eliminare ogni risorsa”. Era il 1948.

NOI: siamo un buon numero e possiamo dividerci in due squadre ogni giorno. Quasi sempre siamo riusciti ad aiutare i contadini a raccogliere le olive da tutti i loro alberi, anche il secondo giorno, quando il giovane palestinese in cima all’albero ci ha avvisati che 5 coloni armati stavano scendendo verso di noi dalla colonia illegale. I contadini sono riusciti a chiudere gli ultimi due sacchi e ognuno di noi ha preso zainetti, reti, teli, attrezzi e abbiamo corso fuori dal campo, attraversato la strada e trovato rifugio nella casa di Masoub, quella famiglia di Burin costantemente assalita dai coloni della famigerata colonia di Yitzar. Casa ed un uliveto già dati alle fiamme, costanti minacce di morte e lancio di bombe Molotov… A Masoub abbiamo potuto inviare un aiuto sufficiente a costruirsi un alto muro, una recinzione e un grande cancello! Non abbandonano quella terra che è loro da generazioni e l’aiuto di tanti, per ora, li ha salvati. Ancora un grazie a tutti quelli che hanno acquistato il calendario che avevamo prodotto con le nostre foto!

Però non è andata sempre bene: il mattino dopo gli attivisti tornati a Burin per aiutare un’altra famiglia sono stati cacciati via dai coloni. E a Kufr Qaddum, dopo neanche un’ora di lavoro, una decina di soldati ha cercato di mandarci via. Le rimostranze di Majid, uno dei proprietari della terra, e di diversi attivisti non sono servite: Majid è stato arrestato (poi picchiato ma rilasciato) e noi abbiamo potuto raccogliere le preziose olive fino a riempire solo due sacchi. Ricordo che la colonia illegale di Jid è stata costruita sulla collina di fronte a Kufr Qaddum, chiaramente rubata con il beneplacito dell’esercito che poi ha anche chiuso la comoda strada che porta a Nablus (scuole, università, ospedale, supermercati, lavoro…) essendosi la colonia espansa fino ad arrivarvi molto vicina.

Ricordate quando Golda Meir dichiarò che “La Shoa è come una coperta magica. Dopo la Shoa possiamo fare qualunque cosa”?

Ecco: 75 anni di violazioni di Diritti Umani, il genocidio di Gaza, la pulizia etnica da sempre anche in Cisgiordania, senza vergogna,

Anzi! L’esercito, da ottobre, pubblica sui social immagini e video mentre i soldati rubano dalle case, espongono con scherno la biancheria intima femminile rubata, bruciano le case, fanno esplodere interi palazzi, sradicano ulivi, torturano e umiliano i prigionieri. È molto triste vedere, ad esempio, un soldato che tiene sotto il tiro del fucile tre prigionieri che stanno per essere rilasciati… forse sa già che lui o un suo collega, per gioco, ucciderà l’uomo al centro, il Dr. Ahmed Al-Namnam. Ride. È molto triste che queste immagini ricevano migliaia di like israeliani.

Vi sarebbero tante altre cose importanti che i nostri media tacciono, ma finisco pensando al sorriso della mia amica Hakima di Assira Qiblyia, villaggio sotto costante attacco dei coloni di Yitzhar. Lei ha la colpa di organizzare, da sempre, campi per bambini e ragazzi, formazione per lavori agricoli per giovani, formazione ed empowerment per l’autonomia delle donne.

Il 5 mattina i soldati le hanno devastato la casa. Siamo andate a trovarla, io ed altre due attiviste che volevano conoscere questa grande Donna. Non una parola di rancore, il sorriso costante, la casa rimessa a posto, il pensiero ai suoi progetti, ai suoi ragazzi, alle sue donne. Ha accanto un uomo forte che la sostiene e la accompagna nelle sue lotte quotidiane.

Hakima non si arrende.

Il popolo palestinese non si arrenderà mai, perché la Palestina è la sua terra!

Israele non può avere la meglio se il suo Parlamento giunge ad approvare una legge (6/11/24) che dà l’ergastolo a minori di 12 anni anche senza processo, anche solo con l’accusa di aver simpatia per atti che la storia ha sempre chiamato Resistenza ed Israele chiama terrorismo”.

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