Si è tenuto nel tardo pomeriggio di oggi, 2 dicembre, presso la Biblioteca delle Sorelle Clarisse, l’incontro di Libera “a testa alta contro le mafie“, in memoria di Domenico Gabriele. Da tutti conosciuto come “Dodò“, fu brutalmente ucciso dalla ‘ndrangheta a 11 anni , mentre giocava a calcetto, nel corso di un regolamento di conti, la sera del 25 giugno 2009 a Crotone.
Presenti all’appuntamento i genitori Francesca Anastasio e Giovanni Gabriele e l’imprenditore Rocco Mangiardi, primo testimone di giustizia della Calabria. Tra il pubblico anche il Prefetto Valerio Massimo Romeo e il Procuratore Alberto Lari.
L’intervista a Francesca Anastasio e Giovanni Gabriele, genitori di Dodò
“Sono passati 15 anni, ma noi andiamo avanti, andiamo per tutta Italia a raccontare la sua storia, perché è una missione che ci avete dato voi, perché altrimenti io e Francesca questa missione non l’avremmo potuto seguire. Però veniamo chiamati e grazie a voi ci date l’opportunità di vivere e di far vivere da donne.
Raccontarla nelle scuole vedono i ragazzi che vengono toccati e questo è un buon segnale perché questa storia graffia le coscienze, questa storia è una storia brutta ma dal male può nascere il bene”.
Parla l’imprenditore Rocco Mangiardi, primo testimone di giustizia della Calabria
“Ho denunciato, una persona per bene e onesta è l’unica cosa che deve fare. Le infiltrazioni mafiose purtroppo ci sono e sono diramate anche in tutta Italia.
Se veniamo qui ci sarà un motivo, non veniamo per fare villeggiatura, perdere tempo insomma, anche perché è un periodo che diciamo in Calabria le cose stanno cambiando, in Calabria le cose stanno cambiando perché non c’è giorno che non ci sia un’operazione di polizia con fischi e cose varie, quindi io credo che il problema sia che loro siccome quelli i mafiosi, siccome gli ndranghettisti hanno un sacco di soldi e devono pure investire in qualche posto e vanno là dove non sono conosciuti.
La migliore arma intanto è informare i giovani dall’inizio, informare le amministrazioni, perché le amministrazioni tra l’altro le armi le hanno, basta telefonare alle prefetture di là per capire chi sono queste persone e quindi sarebbero molto più facilitati.
Denunciare intanto per un senso di libertà perché denunciando, io ho provato queste cose nell’aula del Tribunale, ho visto che davanti a un dito puntato diventano loro, noi da vittime diventiamo pericolosissimi con il nostro dito puntato, il nostro dito puntato nell’aula del Tribunale è molto più potente delle loro pistole”.
A cura di Alessandro Moschi