Si è svolta oggi, 22 gennaio, al Tribunale di Imperia una nuova udienza nel processo a carico di Enrica Massone, accusata di falsificazione di documenti, esercizio abusivo della professione medica e truffa.
Dopo la conferma della competenza territoriale del tribunale, il procedimento è entrato in una fase cruciale con l’audizione dei testimoni chiamati a ricostruire i fatti contestati. Al centro dell’udienza, le presunte falsificazioni di titoli e certificati, che avrebbero permesso alla Massone di ottenere incarichi presso il Presidio Ospedaliero di Bordighera e altre strutture sanitarie.
La testimonianza del Comandante dei Carabinieri di Bordighera: in una pennetta USB centinaia di referti firmati
Il primo testimone odierno è stato il luogotenente Giovanni Arpioli, comandante del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Bordighera. L’uomo ha ricostruito le fasi delle indagini spiegando che le verifiche sono iniziate nell’ottobre 2023, quando sono emerse segnalazioni insistenti su una persona che avrebbe lavorato come medico senza essere iscritta all’Ordine.
Gli accertamenti presso l’ASL Imperiese hanno confermato che la Massone aveva prestato servizio dal 13 al 16 luglio e dal 7 al 13 agosto 2023 presso il Reparto di Medicina dell’Ospedale di Bordighera, con un contratto stipulato dalla società Curamedica S.T.P., e in altre date presso il Punto di Primo Intervento con Igea Salute Srl.
Durante le indagini, i carabinieri hanno raccolto numerose testimonianze, tra cui quelle di dirigenti sanitari, colleghi della Massone e hanno acquisito documentazione chiave, tra cui una pennetta USB con i verbali del Pronto Soccorso, contenente centinaia di referti firmati dall’imputata. È emerso inoltre che i compensi per l’attività medica della Massone venivano accreditati su un conto corrente postale a lei intestato presso un ufficio postale di Torino.
Dalle indagini è poi emerso che la presunta laurea della donna in Medicina non era stata verificata con l’Università Bicocca. Restano da approfondire alcuni dettagli sul curriculum dell’imputata, che riportava esperienze lavorative nel Carcere “Le Vallette” di Torino e in una RSA.
L’ex direttore generale dell’ASL 1 e la segnalazione del Dottor Carlini
Secondo testimone è stato poi Luca Filippo Maria Stucchi, ex Direttore Generale di ASL 1 all’epoca dei fatti che ha chiarito le modalità di gestione del personale medico all’Ospedale di Bordighera che operava in un contesto misto pubblico-privato. La gestione della parte medica era affidata alla società GVM, mentre ASL 1 non aveva firmato alcun contratto diretto con i medici.
Nello specifico dell’imputata, la Massone aveva lavorato in due distinti periodi: dal 13 al 16 luglio e dal 7 al 13 agosto 2023, con un contratto stipulato dalla società Curamedica S.T.P., e successivamente il 12 agosto, dal 20 al 22 settembre e il 27 e 28 settembre 2023, con Igea Salute Srl.
La vicenda è emersa quando il dottor Carlini, responsabile del PPI (punto di primo intervento) dove la donna aveva operato in modo più importante e continuativo, ha verificato sul portale dell’Ordine dei Medici che Enrica Massone non risultava iscritta, segnalando immediatamente la questione al direttore del presidio ospedaliero. A seguito di questa scoperta, la Massone è stata interdetta dall’accesso alla struttura e l’ASL ha presentato una denuncia alla Procura della Repubblica.
In merito ad eventuali ricezioni di segnalazioni precedenti sulla Massone, Stucchi ha dichiarato che l’unica segnalazione è arrivata dal dottor Carlini, che ha poi avviato le verifiche.
Paolo Petrassi sulla Massone: “Sapeva prescrivere solo farmaci da banco e cercava su internet le soluzioni ai casi clinici”
Terzo testimone è stato poi Paolo Petrassi, attuale Direttore del Dipartimento di Medicina dell’Ospedale di Bordighera, che all’epoca dei fatti ricopriva il ruolo di coordinatore dei colleghi medici presso la struttura. L’uomo ha spiegato che l’imputata era stata inserita in reparto come medico in prova e presentata da Magda D’Agostino, amministratore unico di Curamedica e Petrassi, come da prassi, aveva il compito di valutarne le capacità.
Fin dai primi giorni, ha però notato difficoltà evidenti: la Massone non riusciva a utilizzare il computer e i dispositivi informatici del reparto. Quando le ha chiesto spiegazioni, lei ha dichiarato di essere dislessica, giustificando così le sue difficoltà con il PC. Per ovviare al problema, Petrassi le ha chiesto di compilare i certificati a mano. Tuttavia, la Massone si opponeva alle sue direttive, sostenendo di non essere alle sue dipendenze e rifiutando le sue indicazioni. Con il tempo, sono emersi attriti caratteriali.
Petrassi ha raccontato poi di essersi reso conto che la Massone non era in grado di gestire i pazienti e manifestava un vero e proprio rifiuto della professione. Nonostante affermasse di aver lavorato presso il carcere di Torino e di aver gestito delle RSA, il suo livello di preparazione era insufficiente per il reparto di Medicina. Non aveva alcuna volontà di imparare, e non possedeva le competenze per occuparsi dei pazienti. Per questo motivo ha optato per escluderla dalla gestione diretta dei pazienti, facendola restare semplicemente presente senza alcuna responsabilità.
Vista la situazione il teste ha spiegato di aver informato il primario Zanoni e la dottoressa D’Agostino, che si sono detti sorpresi e preoccupati. Zanoni ha commentato: “Non le facciamo fare nulla, pensaci tu“, mentre D’Agostino ha deciso di non rinnovarle il contratto al termine dei turni assegnati. Petrassi ha quindi chiesto che la Massone fosse rimossa dal reparto, poiché la sua presenza gli imponeva un carico di lavoro doppio.
Nonostante la risoluzione del contratto, Petrassi ha raccontato alla corte di aver successivamente incontrato nuovamente la Massone in servizio presso il Punto di Primo Intervento (PPI) e il Pronto Soccorso, con suo grande stupore. La Massone è salita in reparto per chiedergli consigli e aiuto, dimostrando ancora insicurezza.
In alcune occasioni, la Massone ha richiesto indicazioni su come trattare un caso di iperglicemia e su come gestire una ferita lacero-contusa da suturare. Petrassi le ha detto di farsi aiutare da un collega anestesista, sottolineando che, per contratto, non poteva operare in un reparto diverso dal suo. Secondo lui, anche durante il servizio al PPI, la Massone era supervisionata costantemente da un anestesista, poiché non era autonoma nella gestione dei casi medici.
Petrassi ha descritto quindi la Massone come una persona poco brillante, che non accettava di prendere ordini e con gravi lacune professionali. Pur presentandosi come specialista in Medicina Interna, secondo il testimone aveva scarse conoscenze delle terapie, sapeva prescrivere solo farmaci da banco e spesso cercava su internet soluzioni ai casi clinici, senza seguire un ragionamento logico strutturato. Notando la sua impreparazione, Petrassi ha progressivamente escluso la Massone da ogni responsabilità diretta, limitandone il ruolo.
Durante il periodo di prova, la Massone veniva comunque retribuita, con un compenso di circa 900-1000 euro per turno di 12 ore.