26 Dicembre 2024 14:15

26 Dicembre 2024 14:15

CASO AGNESI – Pasquale Indulgenza: “La vicenda Agnesi-Colussi denuncia da sola, emblematicamente, lo stato di gravità economica, sociale, civile e politica in cui versa l’Imperiese”

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Pasquale Indulgenza, ex consigliere del PRC a Imperia, si è espresso in merito all questione Agnesi: “La vicenda Agnesi-Colussi denuncia da sola, emblematicamente, lo stato di gravità economica, sociale, civile e politica in cui versa l’Imperiese.
Dopo mesi e mesi di silenzio, interrotto unicamente da anticipazioni allusive e pietose rassicurazioni di varia provenienza, la realtà mostra spietatamente la sua estrema durezza, seccamente espressa dall’annuncio dell’intenzione aziendale di chiudere il mulino per la semola e, con esso, di sopprimere una trentina di posti di lavoro in produzione, con un analogo, connesso rischio per gli operatori del porto e altri lavoratori. Prodromo chiarissimo, per chi voglia vedere le cose, di ben altre conseguenze per le rimanenti attività (anche considerato che il mulino in questione non è certo equiparabile alla ipotizzata produzione di un pò di sughi e pesto..).
Non è certo un ‘fulmine a ciel sereno’, quello che capita adesso di commentare, ma, al contario, il portato di una storia lunga che è stata fatta irresponsabilmente camminare ‘sotto traccia’ come se niente fosse. Tutti gli addetti ai lavori, tutti gli attori pubblici sapevano; pochissimi, come mosche bianche, hanno cercato di levare l’allarme, venendo banalizzati o ignorati.

Non si può non rilevare che le ultime dichiarazioni del Sindaco sono in netto contrasto con quanto affermava qualche mese fa. Oggi, egli sostiene apertamente di ritenere che “concedere la variante al progetto della Porta del Mare è da tenere in considerazione” e “che in caso contrario il rischio che corre la nostra città è quello di vedere chiudere definitivamente l’Agnesi e avere un grande terreno e uno stabilimento abbandonati per anni”. Un avviso che, sostanzialmente, ricalca quello che ha espresso sul porto turistico e a favore del concordato richiesto dalla spa concessionaria. Ma durante la scorsa estate, dopo aver incontrato managers e progettisti di Colussi, lo stesso sindaco assicurava di aver constatato, anche a seguito di una visita allo stabilimento, una situazione aziendale e produttiva non negativa o precaria e, soprattutto, lasciava intendere che non vi era alcun motivo di condizionamento intercorrente tra il progetto immobiliare “Porta del Mare”, richiesto dalla proprietà di un ulteriore allargamento, e il mantenimento in loco dell’attività di produzione industriale. Basta andare a rileggersi interviste e dichiarazioni, come questa, rilasciata al giornalista Preve de La Repubblica: “il Pastificio Agnesi che ho visitato alcuni mesi orsono e nel quale ho lavorato dal 1989 al 1992 mi è apparso ammodernato, con nuove macchine per confezionamento con investimenti effettuati e assolutamente in grado di proseguire l’ attività per alcuni decenni e quindi, sempre ragionando da imprenditore, non credo che il signor Colussi intenda chiuderlo visto che non è una fatiscente fabbrica sull’orlo di esalare l’ultimo respiro”.
Tant’è: a me, personalmente,  il ‘punto di vista’ del Primo cittadino appariva e appare del tutto chiaro.

Apprendiamo anche, dalle cronache più recenti, che alcuni responsabili della Regione, segnatamente gli assessori al Lavoro e all’Agricoltura, si propongono di chiedere alla proprietà e agli amministratori locali di insediare un “tavolo tecnico” per discutere la grave problematica. Bene, facciamo pure il “tavolo” (l’ennesimo..), ma bisogna aver chiaro che la questione presente richiama la necessità di una mobilitazione generale, che coinvolga innanzitutto i lavoratori, e di una prospettiva che delinei soluzioni chiare alla situazione di crisi. Soluzioni di ordine strutturale e che guardino alla lunga durata, ad un futuro che metta finalmente le premesse per un diverso sviluppo del territorio imperiese.
La vicenda Agnesi, come quella, profondamente legata ad essa, della portualità locale, porta infatti allo scoperto i nodi di fondo dello SVILUPPO LOCALE, da affrontare sul piano progettuale e strategico, quali interessi dell’intera comunità locale e di tutto il mondo del lavoro.
Il primo, più importante nodo da sciogliere riguarda l’accertamento della volontà politica di cambiare indirizzo nello sviluppo del territorio: si intende o meno rendere possibile uno sviluppo che integri un rilancio di attività, anche manifatturiere, per produzioni di qualità e congeniali alle risorse del territorio, con un una moderna industria di turismo sostenibile? Su tale aspetto, non si può più ipocritamente nicchiare, così come ha fatto fino ad oggi la stragrande maggioranza del ceto politico, lasciando colpevolmente che le cose, lasciate o all’inerzia, all’ ‘anarchia’ del mercato o ai desiderata di interessi speculativi, si aggravassero e degenerassero, cosa che puntualmente sta succedendo.
La problematica – che va avanti da decenni ed ora presenta il conto – va affrontata su un piano alto e di alto respiro, senza più le sottovalutazioni e le distrazioni verificatesi in questi anni, anche dal versante sindacale, alcune parti del quale hanno tenuto uno sconcertante profilo aziendalista che di fatto ha finito per ‘schiacciare’ l’azione rivendicativa sul ‘piccolo cabotaggio’ interno, smarrendo del tutto la necessità di una iniziativa frontale, anche portata anche dall’esterno, dal territorio, che mettesse in discussione la politica e le strategie aziendali, e non promuovendo alcuna efficace battaglia, all’indirizzo delle amministrazioni locali e territoriali, per denunciare l’insostenibilità crescente della crisi dell’industria locale e della sua tenuta occupazionale, in un contesto territoriale sempre più sciaguratamente privato di attività produttive (in particolare, di quelle del manifatturiero) e di investimenti strategici, con conseguenze sociali alla lunga devastanti. Conseguenze che la crisi in atto si sta incaricando di cominciare a far vedere.
Ma non c’è da sorprendersi più di tanto: si tratta di parti che ancora adesso, nel pieno di un dramma manifesto a tutti, asseriscono di voler capire che cosa intendano fare la proprietà e il management, per poter valutare…!!!!!!!!

Parti che quando alcuni di noi hanno levato pubblicamente l’ultimo allarme per l’Agnesi e i suoi lavoratori, appena la scorsa estate, a seguito della richiesta di una ulteriore, ancor più vantaggiosa variante al progetto immobiliare pomposamente denominato “Porta del Mare”, avevano replicato che stavamo “drammatizzando” una situazione produttiva e occupazionale in realtà tranquilla, non preoccupante!!!! Ecco che cosa è mancato, clamorosamente: una spinta politica, sindacale e istituzionale alla costruzione di una grande VERTENZA PER IL LAVORO E LO SVILUPPO, centrata sulla salvaguardia del nostro patrimonio più significativo (di lavoro vivo, professionalità e tradizione) e di una quota importante del reddito sociale, con la contestuale progettazione di un serio rilancio dei settori qualificanti e caratterizzanti, al fine di ricostituire le basi di un rinnovato tessuto produttivo e occupazionale. E’ mancato perché, culturalmente e strategicamente, coloro che hanno avuto ruoli di responsabilità ai vari livelli hanno chiaramente privilegiato altre opzioni, in primis quella di una ‘chimera’ turistica che i poteri forti hanno avuto facile gioco nel rappresentare ed imporre come ” vocazione” del territorio anche quando essa manifestava, persino scopertamente, il suo più bieco volto speculativo e affaristico!
Ed oggi se ne vedono i frutti. I primi.

Sulla vertenza da aprire, pertanto, muovo alcune considerazioni che ritengo di valenza prioritaria:
– va detto e rivendicato con forza che vogliamo una industria manifatturiera nel nostro territorio, adatta allo stesso e valorizzante le opportunità e le ricchezzze di cui disponiamo;
– va detto e rivendicato con forza che questo non può essere sottomesso in alcun modo ad una logica di ricatto occupazionale o di scambio rendita-lavoro a danno della città e delle sue risorse;
– va detto e rivendicato con forza che la lavorazione del grano e la produzione di pasta sono attività qualificanti del nostro agro-alimentare;
– per garantirci quanto sopra, occorre creare un CONTESTO che consenta di fare SISTEMA, che sia cioè accogliente e funzionale, di base, per la presenza di attività produttive di tipo manifatturiero e, nella fattispecie, per quella di trasformazione agro-alimentare;
– il nuovo piano urbanistico comunale deve recare previsioni e vincoli adeguati per le aree da destinare alle attività produttive e ai siti industriali;
– occorre realizzare concretamente il DISTRETTO agro-alimentare stabilito per legge ed esistente unicamente sulla carta da oltre dieci anni, prendendo a progettare le SINERGIE da attivare, a livello intersettoriale, per far incontrare seriamente, su scala industriale, le colture tipiche agricole, l’alimentazione di qualità e la dieta mediterranea, per ideare investimenti, intrapresa e cooperazione chiamando in causa e stimolando insieme i mondi della produzione, della ricerca  e della formazione.

Ritengo che queste condizioni rappresentino prerequisiti imprescindibili per un discorso serio, che metta al bando vetrine e retoriche ipocrite fino ad oggi predominanti nella discussione pubblica e determini l’avvio di scelte concrete e coerenti. Mi auguro perciò che la vertenza che si sta aprendo – che deve vedere i lavoratori nè abbandonati nè paternalisticamente ‘tutelati’ dall’alto, ma, al contrario, messi nelle condizioni di essere protagonisti di questa lotta e del proprio destino -, ponga da subito in chiaro questi punti dirimenti e li porti avanti con adeguate, incisive azioni di lotta.

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