Si è chiuso con l’assoluzione, perché il fatto non sussiste, il processo a carico dell’agente della Polizia Stradale di Imperia Sandro Dulbecco, accusato di omissione di atti d’ufficio per il mancato intervento su un incidente stradale mortale, cui fece seguito una denuncia da parte dell’allora comandante Andrea Frumento. I fatti risalgono al 2008. Il Pubblico Ministero Lorenzo Fornace aveva chiesto per Dulbecco, difeso dall’avvocato Erminio Annoni, 1 anno di reclusione e l’interdizione dai pubblici uffici. Nei mesi scorsi era stato assolto anche il medico di base di Dulbecco, Roberto Spinelli, accusato di falso per il rilascio del certificato medico.
LA REQUISITORIA DEL PM LORENZO FORNACE
“Ho ereditato questo fascicolo in corso. Rileggendolo ho capito quali sono gli elementi di rilievo dell’accusa. L’approfondimento degli atti mi ha condotto a formare un ragionevole convincimento della colpevolezza dell’imputato. Cercherò di trasmettere questa mia consapevolezza al Tribunale. Ci troviamo di fronte a una prova logica. L’accusa è di omissione di atti d’ufficio. Il problema è se il rifiuto ad ottemperare all’ordine di servizio (la rilevazione di un incidente mortale, ndr) fosse giustificato o meno. Se realmente sussistesse o meno una patologia (otalgia, ndr) tale da impedire al pubblico ufficiale di svolgere le sue mansioni. All’imputato venne richiesto di rilevare una situazione di grave emergenza, un incidente mortale. Il rifiuto fu giustificato o no? Se la risposta é no il resto certamente sussiste. Si parla di una prova logica, di elementi gravi, precisi e concordati che depongono a favore del quadro accusatorio.
La patologia fu simulata, o meglio addotta, soltanto per giustificare il rifiuto di svolgere l’ordine di servizio richiesto. Il primo dato che offro al Collegio è che dalla testimonianza della collega, emerge che il Dulbecco e quest’ultima svolsero un servizio di ordine pubblico insieme. Nel dettaglio il controllo del mercato settimanale di Ventimiglia. Il servizio terminò intorno alle 17.50, ma fino a quel momento il Dulbecco non evidenziò alcun problema di ordine fisico. La collega apprese del problema fisico del Dulbecco solo nel momento in cui il Dulbecco oppose rifiuto. Nella sua deposizione il Dulbecco motivò il silenzio spiegando di essere una persona riservata. Dunque, è qui il problema. Si trattava o no di un malessere tale da determinare un oggettivo impedimento?
Un secondo dato è relativo al fatto che il collega della centrale A.D.M. scrisse nella propria nota di servizio che chiamò Dulbecco per spiegargli la tipologia di intervento e per informarlo che la pattuglia dedita all’intervento non poteva recarsi sul posto per l’impedimento di un collega. L’agente spiegò nella nota che invitò Dulbecco a recarsi sul posto, ma che quest’ultimo si rifiutò ‘alludendo’ ad un malessere generico. Dulbecco sapeva benissimo il perché dell’intervento e comunque si rifiutò. Altro dato importante è che questo malessere che portò all’impedimento di Dulbecco scomparve nel giro di una notte, in quanto il Dulbecco prestò regolare servizio il giorno successivo, sabato. Forse perché aveva interesse a svolgere servizio per benefici economici. Altro elemento, il fatto che il medico di base di Dulbecco ha spiegato che la patologia dell’imputato andava avanti da anni. In realtà, però, Dulbecco si è affidato a uno specialista otorinolaringoiatra solo dopo i fatti in esame.
Infine non si può non tenere conto del contesto in cui si manifesta la patologia, ovvero il termine del servizio, con ritorno presso la sede di Imperia. Dulbecco era certamente infastidito dal fatto che altri colleghi non avessero ottemperato ai propri doveri e in più la richiesta di intervento arriva al termine della giornata e comporta uno sforamento del turno di servizio di alcune ore. Infine le condizioni fattuali in cui viene redatto il certificato medico dell’imputato. Una situazione singolare. Nell’androne dell’ufficio, o forse per strada. In più l’imputato parla di un incontro casuale con il proprio medico, mentre lo stesso medico racconta di una telefonata del proprio paziente. Il Dulbecco non marcò visita nell’occasione, dunque il certificato medico non era essenziale. Eppure Dulbecco disse di volerlo per poteri tutelare. Perché? Quelle del Dulbecco sono ricostruzioni inappaganti e contradditorie. La sentenza di assoluzione del medico di base Spinelli dall’accusa di falso ideologico non tiene conto di queste discrasie nella ricostruzione della redazione del certificato medico. A mio parere vi sono gravi e precisi elementi che fanno ritenere che il rifiuto di Dulbecco fosse ingiustificato e che non vi fosse alcuna affezione che impedisse il normale svolgimento dell’ordine di servizio. Chiedo dunque la condanna a 1 anno di reclusione e alla pena accessoria di interdizione dai pubblici uffici”.
LA DIFESA DELL’AVVOCATO ANNONI
“In questo processo non c’è una prova diretta, ma una prova logica. La prova logica e la prova storica devono avere la stessa validità. Il fatto sussiste o non sussiste, questo c’è da discutere. Alla collega del Dulbecco viene detto che può non andare sull’incidente nonostante lei stessa avesse dato la propria disponibilità. Forse c’era una volontà del disservizio. Forse qualcun altro dovrebbe andare sotto processo. Che si trattasse di un sinistro mortale, non viene mai detto. Il Dulbecco non ne è a conoscenza. Gli agenti del Comando centrale neanche ricordano con esattezza la sequenza delle telefonate con il Dulbecco, mentre l’imputato e il suo medico sono obbligati a ricordare per filo e per segno ogni particolare.
Dulbecco aveva pieno diritto di smontare un’ora prima e di recuperare l’ora in un secondo momento, come poi ha regolarmente fatto. Quello che manca in questo processo è un ordine vero e proprio. Nessuno ha insistito perché il Dulbecco raggiungesse il luogo dell’incidente e dunque nessuno ha rifiutato un ordine. Quando il Dulbecco informa il Comando del proprio malessere e chiede di tornare a casa, la risposta è ‘va bene’. Venendo al certificato del medico di base, si tratta di un certificato pienamente veritiero. C’è una sentenza nel nome del popolo italiano che lo dice. Una sentenza che assolve il medico dall’accusa di falso. Quella sentenza fa stato in questo processo. Per condannare l’imputato occorrerebbe stravolgere l’esito di quella sentenza. Chiedo dunque la piena assoluzione per l’imputato, perché il fatto non sussiste“.