24 Novembre 2024 20:27

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24 Novembre 2024 20:27

SOPPRESSIONE DELLE PROVINCE, GROSSO (IBC):”IL GOVERNO RENZI NON VUOLE RISPARMIARE SUI COSTI DELLA POLITICA MA SUI POSTI DI LAVORO DEI DIPENDENTI”

In breve: Grosso: "Se vogliamo ancora essere uno Stato e una Comunità prima di tutto dobbiamo difendere il diritto al lavoro, alla dignità della persona, alla salute e alla libertà ed evitare di accettare continui passi indietro sui nostri diritti costituzionalmente garantiti".
Gianfranco Grosso
Il capogruppo di Imperia Bene Comune Gianfranco Grosso

Imperia – “Non ho voluto intervenire sino ad oggi sulla problematica inerente la soppressione delle Province perché non volevo che mi si attribuisse interessi personali (dal momento che sono un dipendente provinciale e anche un politico) su una vicenda che ha invece risvolti politico – amministrativi ben più importanti”.

A scrivere è il capogruppo di Imperia Bene Comune in consiglio comunale Gianfranco Grosso che prosegue: “I cittadini devono sapere che il Governo Renzi con una manovra populista e scaltra ha dato avvio alla soppressione delle Province con l’intenzione apparente di risparmiare sui costi della politica (in verità ben poca cosa), ma in realtà per addivenire ad un risparmio molto più consistente sui posti di lavoro dei dipendenti, che rischiano il licenziamento per default dell’Ente di appartenenza. L’ho ha fatto in modo subdolo e sotterraneo, dapprima garantendo il mantenimento dei posti di lavoro e ultimamente rimangiandosi tutto con un emendamento alla Camera dei Deputati che ci mette tutti alla berlina.

Detto ciò in prima istanza vorrei chiarire il mio pensiero: il posto di lavoro dei dipendenti provinciali vale quanto quello dei lavoratori dell’Agnesi e dell’Elettrolux, piuttosto che di Riviera Trasporti o Piaggio. Ancora voglio precisare che sicuramente noi dipendenti provinciali siamo a tutt’oggi ancora privilegiati rispetto a chi un posto non ce l’ha e non ha nessuna prospettiva futura per averlo domani. Sono sicuramente convinto che l’Ente pubblico ha ancora troppe inefficienze e troppe distanze dalla vita reale per essere apprezzato dal cittadino comune. Questo lo dico perché si comprenda che il mio intervento non voglia essere né piagnone né corporativo, ma non può fare a meno di mettere in luce il vero e potenziale pericolo del populismo ad ogni costo.

La realtà italiana è questa e su questa bisogna ragionare molto attentamente: 

un consigliere regionale in Italia percepisce un’indennità che varia dai 13.000 ai 17.000 € a seconda della regione in cui si candida. In Liguria guadagna 13.000 €;

– un parlamentare italiano percepisce un’indennità sicuramente superiore ai 20.000 €, più altri mille benefit;

– entrambe queste figure alla fine del loro mandato maturano una pensione che un lavoratore medio manco si sogna;

la politica nomina negli enti di competenza manager che guadagnano stipendi che variano tra i 120.000 e i 250.000 €, senza che tale indennità sia commisurato a qualsiasi rapporto di risultato;

– le Regioni, con i loro consiglieri e assessori, sono stati oggetto di scandali finanziari, di peculati, di dispendio di soldi pubblici che hanno fatto rabbrividire il mondo intero;

– proprio ieri sul giornale veniva riportato che gli assessori della Regione Liguria godono di una carta di credito fornita loro dalla Regione per pagarsi le trasferte di natura istituzionale e che alcuni di loro hanno invece usato questi soldi per scopi privati, soldi che vorrei ricordare sono dei cittadini e non di entità astratte, perché la Regione, la Provincia e il Comune siamo noi cittadini;

molti consiglieri regionali liguri sono stati indagati per aver utilizzato i fondi pubblici per scopi privati;

– a Roma è stata scoperta una cosca praticamente mafiosa e di malaffare con cui politica, imprenditoria e criminalità organizzata gestivano il potere e i soldi dei cittadini per ingrassarsi le tasche alla faccia della spending review tanto decantata da Renzi e dai governi precedenti;

il Presidente e alcuni amministratori della Banca Carige, così come il Monte Paschi di Siena, ovviamente nominati dalla politica, si sono permessi di rubare milioni di euro sulle spalle dei risparmiatori senza che nessuno se ne accorgesse o intervenisse in merito, causando un danno pazzesco a coloro che avevano investito su quelle banche.

Potrei andare avanti all’infinito ma non credo che sia il caso. Ora mi chiedo: davanti a questo sfacelo dell’etica e della morale, che ha coinvolto in Italia politica, imprenditoria, mafia e burocrazia, davanti ad una classe dirigente politica nazionale e locale che non ha fatto che danni, per incapacità, incompetenza o insipienza, perché l’unica fonte di risparmio devono essere i lavoratori, siano essi privati o pubblici?

Perché se la politica imperiese non è stata in grado di creare condizioni favorevoli all’imprenditoria locale devono pagare i lavoratori di Agnesi? Perché se la Riviera Trasporti per 30 anni è stata gestita a scopi elettorali oggi devono pagare i lavoratori di quella azienda? Perché se la politica non è stata in grado di dare efficienza e trasparenza alla macchina amministrativa bisogna che il prezzo lo paghino i lavoratori delle Province?

Io credo che i  cittadini dovrebbero riuscire a incanalare la loro rabbia nel modo giusto e, soprattutto, verso le persone e le cause che sono il vero male dell’Italia. La politica è riuscita a mettere i lavoratori privati contro quelli pubblici, i dipendenti contro i lavoratori autonomi, l’abitante di una via contro l’abitante di un’altra via, e non si  capisce che queste divisioni ci impoveriscono, ci rendono più deboli, affievoliscono i nostri diritti a tutto vantaggio di chi, sovrano e intoccabile, prosegue nella lenta e pianificata dismissione dello Stato e delle sue funzioni primarie.

Il Governo Renzi non solo non sta creando un solo posto di lavoro in più in Italia, al di là dei suoi proclami berlusconiani, ma sta favorendo la perdita di ulteriori 20.000 posti di lavoro. E’ questa la battaglia che vogliamo vincere noi cittadini italiani? E’ così che volgiamo consolarci? Mal comune mezzo gaudio? Non importa che lavoro facciamo, non importa dove abitiamo, non importa il colore della pelle, non importa l’ideologia che professiamo, se vogliamo ancora essere uno Stato e una Comunità prima di tutto dobbiamo difendere il diritto al lavoro, alla dignità della persona, alla salute e alla libertà ed evitare di accettare continui passi indietro sui nostri diritti costituzionalmente garantiti”.

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