26 Dicembre 2024 04:08

26 Dicembre 2024 04:08

PASQUALE INDULGENZA – PRC – : “Una proposta per salvare l’Agnesi e ridarci speranza”

indulgenza

Ecco le parole di Pasquale Indulgenza, già consigliere comunale ad Imperia, in merito alla chiusura del mulino Agnesi e le sue proposte: “L’annunciata chiusura del mulino dell’Agnesi procede impietosamente, e con essa, tutte le prevedibilissime conseguenze per l’intero stabilimento. Già si parla di cassa integrazione, mobilità e prepensionamenti. Chiunque, tra coloro non completamente a digiuno di relazioni industriali e normative vigenti, può facilmente capire che esiti del genere, dati in modo così scontato, non possono essersi formati negli ultimi giorni, ma discendono sicuramente da un percorso ben più lungo.

Una vertenza che nasca così, nasce già morta. Anzi, non è neanche una vertenza. Puoi farci sopra tutti i “tavoli” di consultazione che vuoi, ma se si predetermina la scelta strategica, tutto è perduto in partenza. Ed è sorprendente – per usare un termine contenuto – che a dirsi ‘sconvolti’ dall’apprendere che l’azienda sta togliendo dalle confezioni anche il veliero e i riferimenti che fino ad oggi hanno reso riconoscibile la matrice imperiese della pasta Agnesi siano imprenditori locali che certo non brillano, da qualche decennio, per una politica espansiva nel settore industriale, ma si sono piuttosto ‘illustrati’ per le loro sempre più nette propensioni finanziarie e pro rendita immobiliare.

La situazione, quindi, impone un cambio di rotta. Questa terribile crisi economica, che ancora una volta si vuole sia pagata da operai, giovani e pensionati, impone un cambiamento vero e forte, se si vuole uscirne non irreparabilmente devastati e imbarbariti. La proposta che avanzo è intesa a suscitare un confronto pubblico adeguato alla posta in gioco e all’importanza che l’attività industriale in questione ha per tutto il territorio e il futuro dell’Imperiese. Nel muoverla, faccio riferimento a non poche, significative esperienze che stanno maturando in campo nazionale, in diverse realtà (ad esempio, a Milano, a Roma, in Veneto). Nonché, a spunti che, da quando la cosa ha preso l’attuale, drammatica piega, stanno circolando nelle fitte discussioni in rete.

Si tenga subito una verifica frontale ed esauriente con Colussi: se il gruppo conferma di non avere più interesse a mantenere e rilanciare la produzione in loco, garantendo le attuali modalità di lavorazione, siano i lavoratori a farsi avanti e a subentrare. Che siano i lavoratori a tenere una iniziativa produttiva autogestita, a curarsi dell’attività e della professione che svolgono, del reddito che dà e dell’interesse economico che alimenta, e presentino un loro piano per salvare la fabbrica e la produzione. Se debitamente sostenuti, materialmente e moralmente, dai pubblici poteri, dalle istituzioni locali, dalle rappresentanze sociali, dal credito popolare, dalle associazioni dei consumatori ed anche dall’imprenditoria privata e dal mondo del commercio, i lavoratori – gli stessi soggetti che in carne ed ossa costituiscono il patrimonio vivo dell’Agnesi e la sua capacità produttiva – sono virtualmente in grado di associarsi e tenere l’ investimento richiesto.

Il coinvolgimento possibile, nello stesso, di tanti cittadini ed operatori economici che potrebbero trovare un sano interesse nella cosa, e l’adozione di avvedute forme cooperative, renderebbero l’intrapresa del tutto realizzabile. Così come sarebbe di assoluta importanza un appoggio sicuro del Comune – un Comune non rassegnato acché quella che è una importante e qualificata attività industriale di rango internazionale si disperda semmai in un pò di artigianato diffuso -, nella direzione di una intelligente ‘municipalizzazione’ del marchio e dei suoi requisiti, come già è stato suggerito nel corso dell’assemblea popolare che qualche giorno fa abbiamo tenuto nella sede del Circolo Arci “Antica Compagnia Portuale”, sulla banchina di Oneglia, che sarebbe aiuto decisivo e lungimirante. Ritengo che la suddetta proposta meriti di essere valutata nell’ambito di una discussione pubblica che non può ridursi ad attestati di solidarietà tanto rituali quanto tardivi e di scarsa utilità pratica. Una proposta che, se presa in considerazione e agita con tempestività, non solo rialimenterebbe la speranza, ma costituirebbe anche un salto di qualità nella nostra cultura civica e del lavoro”.

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