I viveri donati dalla Fondazione Banco Alimentare, destinati agli indigenti e ai poveri della Valle Arroscia, finiti nella cucina della Residenza Opera Cuore Immacolata Di Maria di Borghetto d`Arroscia dove i clienti pagano rette che vanno dai 1.300 ai 1.800 euro. Una vicenda, portata alla luce dai Carabinieri, reparto NAS di Genova, che è costata un avviso di garanzia per truffa e il successivo rinvio a giudizio al parroco di Borghetto, Don R. B., 65 anni, presidente della casa di riposo, e a D.D., vicepresidente.
Ieri mattina, giovedì 5 febbraio, in Tribunale a Imperia, si è aperto il processo con la deposizione del Maresciallo dei NAS Giuseppe Licciardo, interrogato dal PM Alessandro Bogliolo.
“Tutto è partito da una nostra ispezione igienico-sanitaria, in collaborazione con i Carabinieri di Pieve di Teco, nella residenza Opera Cuore Immacolata Di Maria di Borghetto d’Arroscia. Nei magazzini trovammo una partita di formaggio, in particolare grana padano e pecorino doc, e burro. Le derrate alimentari portavano la scritta ‘aiuti comunitari CEE, prodotti non commerciabili’. Le derrate provenivano dal Banco Alimentare, Onlus che le consegna a determinate associazioni per poi destinarle agli indigenti. Al Banco Alimentare i prodotti arrivavano dall’Agea, Agenzia per le erogazioni in agricoltura“.
“L’associazione Opera Cuore Immacolata Di Maria aveva ricevuto gratuitamente le derrate per poi, teoricamente, destinarle ai degenti. Per tale fine è obbligatorio tenere un registro di carico e scarico delle derrate. Nel registro trovato all’interno della residenza, non c’era traccia del grana padano e del pecorino doc, mentre per quel che concerne il burro, era registrato come già consegnato agli indigenti, dunque non avremmo dovuto trovarlo in magazzino“.
“Il problema, però, è che all’interno della Residenza gli ospiti pagavano una retta, chi di tasca propria, chi grazie all’aiuto del Comune. Non erano dunque presenti indigenti. A riguardo una circolare della Agea parla chiaro. È vietata la consegna di derrate alimentari in strutture dove gli ospiti pagano una retta. Nel verbale di sequestro, inoltre, è spiegato che sulla porta del magazzino dove sono stati trovati formaggio grana, pecorino doc e burro, campeggiava il cartello ‘merce destinata allo smaltimento’. Un cartello che solitamente si utilizza per la merce scaduta. Gli alimenti in questione, però, al contrario, non erano scaduti, ma pronti per essere somministrati agli ospiti, tanto che nel frigorifero della struttura trovammo grana padano grattugiato delle stesso tipo di quello presente in magazzino“.
Il processo è stato rinviato dal giudice Varalli al prossimo mese di giugno, quando è in programma l’audizione di vari testimoni.