24 Dicembre 2024 18:32

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Imperia: “Io, malata di Covid in una favela brasiliana”. La storia di Beatrice Baratto. “È stata dura, ma tornerò presto. Il mio sogno? Aprire un doposcuola per togliere i bambini dalla strada”

In breve: ImperiaPost ha incontrato la giornalista imperiese per raccontare la sua storia e conoscere una realtà molto diversa da quella a cui siamo abituati.

Nonostante tutte le difficoltà, per me quel posto è casa. Il mio sogno è aprire un doposcuola per aiutare i bambini e toglierli dalla strada. Così, con gli occhi ancora pieni delle favelas del Brasile, l’imperiese Beatrice Baratto racconta ciò che ha vissuto a Salvador di Bahia, dove ha contratto il Coronavirus e ha affrontato la malattia tra numerose difficoltà.

Brasile: il covid e la favela, la storia dell’imperiese Beatrice Baratto

Dopo 8 mesi ad Areia Branca, una favela di Salvador di Bahia, dove gestisce un bar, la giornalista e scrittrice imperiese Beatrice Baratto è riuscita a rientrare in Italia.

ImperiaPost l’ha incontrata per raccontare la sua storia e conoscere una realtà molto diversa da quella a cui siamo abituati.

Imperia: malata di Covid in una favela brasiliana. La storia di Beatrice Baratto

In Brasile ha avuto il Covid e ha affrontato un periodo molto duro, ora come sta?

“Adesso sto bene, sto meglio. È stato un periodo estremamente pesante, 8 mesi molto duri, specialmente il momento del Coronavirus.

Lì nessuno immagina di averlo, ma praticamente lo hanno tutti. Si curano con il latte, le erbe e cose di questo tipo. Io ho provato per un paio di giorni, ma ho capito che c’era qualcosa che non andava.

Non avevo né febbre né mal di gola, però avevo tantissima tosse, vomitavo, per una settimana non riuscivo a mangiare. In quel momento ho capito che era Coronavirus, però non là non ci sono ospedali per fare un test, non c’è un medico. Pregavo Dio che non peggiorasse la situazione.

Io sono stata fortunata, dato che, leggendo le notizie di Salvador, gli ospedali erano e sono tuttora pieni. Non hanno sufficienti farmaci per curare le persone.

Non hanno modo di fare anestesie e intubano i pazienti da svegli. Pregavo non mi accadesse questo. Speravo che non mi portassero in ospedale, non avrei saputo come cavarmela”.

Ci sono state difficoltà per rientrare in Italia?

“Tornare in Italia è stato abbastanza faticoso, ho dovuto fare il test del Covid ed è risultato positivo. Avevo già il viaggio prenotato, ma non sono potuta partire.

Ho dovuto aspettare circa 20 giorni, poi ho rifatto il test. Fortunatamente era negativo e quindi sono riuscita a tornare”.

Tornerà in Brasile?

“Quando sono arrivata qua a Imperia dopo due giorni avevo già voglia di tornare, nonostante tutto, nonostante la vita in una favelas sia estremamente complicata e sotto versi estremamente pesante.

Sicuramente ritornerò quanto prima. Il Brasile per me è sempre stato un grande amore.

Sono stata a Rio parecchie volte perchè ho tanti amici. Poi per caso un amico mi ha invitato a Salvador, che mi ha letteralmente conquistata.

Ho comprato una casa e adesso ho anche il bar, il Bar della Gringa. È un posto inimmaginabile per noi, è una cosa assolutamente differente”.

Come ha reagito a tornare dopo tanto tempo qui a Imperia?

“Forse i primi due giorni c’era un po’ di entusiasmo. Poi ho avuto una crisi fortissima di pianto, rendendomi conto di non essere nel posto giusto, sentendomi fuori luogo.

Mi sentivo persa, non sapevo dove andare, cosa fare, non avevo i miei punti di riferimento che ormai sono quelli della favela. Là, quando esco, so cosa fare, dove andare, la gente è molto più accogliente, solare.

È stato uno shock, anche per via del fuso orario. Otto mesi non sono pochi.

Adesso però sto bene, sono rientrata nei ‘ranghi’ imperiesi”.

La cosa più difficile nel vivere in favela?

“Sono tante le cose difficili, devi sempre avere un atteggiamento con un profilo basso. Devi guardare ma non vedere. Devi sentire ma non ascoltare.

Li è una favela, con tutte le problematiche che ci sono. È brutto quando arriva la Polizia, arriva all’improvviso, non ha pietà. Picchiano fortissimo, a loro non importa se ci sono dei bambini, se ci sono delle donne.

Loro arrivano con i fuoristrada, ti mettono appoggiato ad un muro. Se ci sono donne perquisiscono e poi picchiano.

Quella è la cosa che di più mi lascia angosciata. Senza contare poi altre cose, ma è meglio andare a vedere i documentari o qualche film, e non che sia io a raccontarle”.

C’è un sogno vorrebbe realizzare in Brasile?

“Qua in Italia ho lavorato per tanti anni con i bambini. Anche là loro mi hanno conquistata e io ho conquistato loro.

Per tanti io sono la ‘zia’. Quello che mi piacerebbe sarebbe riuscire a creare un piccolo spazio dove i bambini, possano ritrovarsi per fare merenda, per fare i compiti (chi va a scuola), per non stare per la strada.

Loro stanno per la strada sino a sera tardi. Non è una cosa buona, non va bene.

Vorrei creare un piccolo doposcuola per aiutarli a fare i compiti. Il livello di scolarizzazione è estremamente basso. La maggior parte delle persone non sa né leggere né scrivere.

Questa è una cosa che mi piacerebbe. Prima o poi sono sicura che riuscirò a realizzarla”.

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