“Ancora un suicidio in un carcere della Nazione, nella Casa circondariale di IMPERIA, e tornano ad alimentarsi le polemiche per il mancato recepimento dei richiami del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. Siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea”, denuncia Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPe).
Si tratta di Michele Scarlata, detenuto di 66 anni, arrestato nel gennaio scorso a Pietra Ligure con l’accusa di tentato omicidio per aver ripetutamente colpito l’ex moglie con una pesante chiave a cricchetto
Detenuto si toglie la vita in carcere, la solidarietà del Sappe
“L’uomo suicida, sessantacinquenne siciliano associato a Imperia a seguito di un‘accusa di tentato omicidio nei confronti della sua compagna, in attesa di primo giudizio, si è impiccato in cella. Decidere di uccidersi è una scelta che ha sconvolto tutti, operatori ed altri ristretti”.
Per Capece, “chiunque, ma soprattutto chi ha ruoli di responsabilità politica ed istituzionale, dovrebbe andare in carcere a Imperia a vedere come lavorano i poliziotti penitenziari, orgoglio non solo del SAPPE e di tutto il Corpo ma dell’intera Nazione. L’ennesimo suicidio di un detenuto in carcere dimostra come i problemi sociali e umani permangono: è il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti. È fondamentale dare corso a riforme davvero strutturali nel sistema penitenziario e dell’esecuzione della pena nazionale, a cominciare dall’espulsione dei detenuti stranieri, specie quelli – e sono sempre di più – che, ristretti in carceri italiani, si rendono protagonisti di eventi critici e di violenza durante la detenzione”. “A tutto questo si aggiunga la gravissima carenza di poliziotti penitenziari. Come si fa a lavorare così?”, conclude, amareggiato, Capece.