26 Dicembre 2024 18:29

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LA ‪‎POLITICA‬ UCCISA IN NOME DELL’‪ANTISCAJOLISMO. GROSSO (IBC):”HA RAGIONE RANISE, IL NOSTRO PAESE È ARRIVATO AD UN BIVIO INEVITABILE” /IL COMMENTO AL NOSTRO EDITORIALE

In breve: "Per vincere ci si può anche alleare con il peggior nemico in nome della vendetta, ma per convincere e convivere bisogna avere qualcosa di più, un progetto, una reale condivisione di idee".

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“Ho letto con grande attenzione l’editoriale di Imperiapost sull’Amministrazione Capacci, l’attenzione di chi ha cercato sempre, anche se dai banchi dell’opposizione, di portare il proprio contributo di dignità e coerenza alla politica in consiglio comunale, un consiglio comunale ormai ridotto a un colabrodo di idee e di identità”. A scriverlo è il Consigliere Comunale di Imperia Bene Comune, Gianfranco Grosso, con una nota stampa.

“Ho letto anche il commento di Antonello Ranise, esponente del centrodestra imperiese e collega consigliere, e poi mi sono guardato allo specchio, incredulo, perché nonostante la diversa appartenenza ne condividevo l’analisi.

Ha ragione Ranise, non può essere l’antiscajolismo ad aggregare un progetto amministrativo e politico, la battaglia del Little Big Horn ne è la dimostrazione storica: le tribù indiane più disparate si unirono e distrussero il battaglione del generale Custer, si ubriacarono di vendetta per un giorno, ma poi persero la guerra e finirono tutti nelle rispettive Riserve Indiane!

Per vincere ci si può anche alleare con il peggior nemico in nome della vendetta, ma per convincere e convivere bisogna avere qualcosa di più, un progetto, una reale condivisione di idee.

L’avevo detto in campagna elettorale, nel maggio 2013, e oggi lo ribadisco: io non ho mai vissuto l’antiscajolismo come un problema personale o come una lotta per il potere, ma da quel sistema mi ha sempre diviso un’idea di città, la visione del mondo in senso politico ed economico. Non ho mai considerato Scajola il mio avversario personale, ma culturalmente il suo mondo e il suo modo di amministrare la cosa pubblica.

E per questo Imperia Bene Comune non ha voluto far parte della grande ammucchiata antiscajolana nel 2013, perché ritenevamo e continuiamo a ritenere che le elezioni servano per proporre modelli di governo del territorio fortemente identitari e sinceramente alternativi, in grado di offrire agli elettori della scelte vere e concrete.

E ho sempre creduto e ancor di più oggi credo che gli avversari politici debbano essere necessariamente sconfitti prima nelle elezioni che nelle aule dei tribunali, perché i tribunali giudicano i reati mentre i cittadini giudicano le idee! Il tuo avversario politico deve essere sconfitto grazie alla bocciatura elettorale del suo programma, al riconoscimento collettivo delle sue eventuali colpe amministrative o dei suoi errori storici.

E’ vero, spesso i cittadini sono avviliti e umiliati dalla politica, ma spesso non sanno emanciparsi dalla politica stessa che li umilia, prigionieri della paura del cambiamento, del proprio utilitarismo di bottega. Quando una città vuole cambiare deve cambiare per davvero, deve ricercare la reale alternativa, non può fare la politica dei piccoli passi, uno avanti e due indietro.

Imperia Bene Comune era la vera alternativa al centrodestra nel 2013 e lo ha dimostrato e lo sarà ancora domani, perché ha sempre mantenuto una propria identità sui temi più importanti della città, perché ha una diversa idea di sostenibilità della vita sociale, economica e produttiva. Nel dopo Capacci, nel dopo brodo primordiale, i cittadini dovranno decidere una volta per tutte se affidarsi nuovamente al centrodestra e alla sua politica settaria, classista, oligarchica, o se credere nella politica che ha cercato di portare avanti Imperia Bene Comune in questi anni, imperniata su un modello di città solidale, aggregativa, dialogante nel rapporto tra amministratori e amministrati, una politica critica verso sistemi di governo dell’economia e della società che stanno svuotando il potere degli enti locali e disgregandone l’autonomia amministrativa, con l’inevitabile diminuzione delle tutele dei diritti delle persone e dei ceti più deboli e meno abbienti della popolazione.

Il nostro paese è arrivato ad un bivio inevitabile, è tornato dopo un lungo giro di fantomatico, fallimentare e pericoloso civismo popolare a dover decidere quale modello di economia e di società si vuole perseguire per salvaguardare i diritti e la dignità delle persone. Di fronte ai grandi temi che ci affliggono, davanti alle importanti sfide economiche, migratorie, ambientali che gli eventi ci impongono, bisogna decidere se affidarsi ad un modello di società inclusiva, accogliente, solidale, organizzata e gestita per difendere anche gli “ultimi”, i più deboli e per colmare le differenze o se credere in una società egoisticamente competitiva ed esclusiva, arroccata su se stessa, imperniata sulla distribuzione aristocratica della ricchezza e sul rafforzamento strategico delle differenze. E questa scelta potrà avvenire solo se il dibattito si sposterà sul piano politico vero, ideale, etico, nella sua accezione più ampia e più nobile, quella che troppi rifuggono per pochezza di idee o disonestà di intenti”.

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