23 Dicembre 2024 19:49

23 Dicembre 2024 19:49

IMPERIA. PORTO. TRUFFA AI DANNI DELLO STATO. IN APPELLO IL PG CHIEDE 6 ANNI DI CARCERE PER BELLAVISTA CALTAGIRONE/ECCO TUTTE LE RICHIESTE

In breve: Sei anni di carcere e 2 mila euro di multa. Questa la condanna richiesta per l'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone dal Pg Giancarlo Avenati Bassi questa mattina a Torino nell'ambito del processo d’appello per truffa ai danni dello Stato

processo-porto-imperia-appello

Sei anni di carcere e 2 mila euro di multa. Questa la condanna richiesta per l’imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone dal Pg Giancarlo Avenati Bassi questa mattina a Torino nell’ambito del processo d’appello per truffa ai danni dello Stato nell’ambito della costruzione del nuovo porto turistico di Imperia. Per Caltagirone chiesta anche una confisca di beni per 50 milioni di euro.

Caltagirone, lo ricordiamo, in primo grado era stato assolto. Il Pm nell’occasione aveva chiesto 8 anni di carcere e 3 mila euro di multa.

Sul banco degli imputati, con l’accusa di truffa aggravata allo Stato, oltre a a Francesco Bellavista Caltagirone, Delia Merlonghi (ex amministratore delegato di Acquamare Srl), Carlo Conti (ex direttore generale della Porto di Imperia Spa), Paolo Calzia (ex presidente della Porto di Imperia Spa ed ex Segretario Comunale ad Imperia), Andrea Gotti Lega (ex membro del cda di Acqua Marcia e Porto di Imperia Spa), Domenico Gandolfo (ex presidente Porto di Imperia Spa) e Stefano Degl’Innocenti.

Emilio Morasso e Ilvo Calzia, sono invece accusati rispettivamente di falso e di abuso d’ufficio.

ECCO LE ALTRE RICHIESTE DI PENA DEL PG AVENATI BASSI

Delia Merlonghi (rappresentante legale di Acquamare e Peschiera Edilizia) – 1 anno e sei mesi e 750 euro di multa

Andrea Gotti Lega (ex amministratore delegato di Acquamare srl) – 4 anni e sei mesi e 1500 euro di multa

Carlo Conti (ex direttore generale Porto di Imperia SPA) – 3 anni e 1000 euro di multa

Stefano Degl’Innocenti (ex manager del gruppo Acqua Marcia) – 2 anni e 6 mesi e 1000 euro di multa

Paolo Calzia (ex direttore generale del Comune di Imperia e presidente della Porto di Imperia Spa) – 1 anno e 4 mesi e 800 euro di multa

Emilio Morasso (direttore lavori porto) – 1 anno

Domenico Gandolfo (ex amministratore delegato Porto di Imperia SPA) – assoluzione per prescrizione

Ilvo Calzia (ex dirigente urbanistica, oggi dirigente al Patrimonio del Comune di Imperia) – assoluzione per prescrizione

ACQUAMARE – 1 milione di euro di multa e 50 milioni di confisca.

L’UDIENZA

Questa mattina in aula sono stati ascoltati un funzionario del Genio Civile, Grossi (gli altri due funzionari, Simoncelli e Petronelli, non sono stati sentiti in quanto il primo deceduto poco prima di Natale, mentre per quanto concerne il secondo, arrivato in ritardo all’udienza, il Pm ha rinunciato) e due consulenti della difesa, Casagrande e Copiello.

Si è poi proceduto, come da richiesta dell’imputato, all’esame di Ilvo Calzia, che ha ripercorso tutti i passaggi burocatrico amministrativi, tra i quali in particolare le conferenze dei servizi che hanno dato il via alla realizzazione del porto turistico.

Intorno alle 11 è iniziata poi la lunga requisitoria del Pg, durata circa 3 ore, nel corso della quale, oltre a una critica, contenuta nei modi, alla decisione del Tribunale di Torino di assolvere tutti gli imputati in primo grado, il Magistrato si è soffermato in particolare sul contenuto degli accordi relativi alla concessione in capo alla Porto di Imperia Spa, sulla natura giuridica della Porto di Imperia Spa, con riferimento a diverse pronunce della Cassazione in materia, e sulla mancata contabilità. Per quanto concerne il quadro accusatorio, il Pg ha mantenuto la stessa ricostruzione illustata in primo grado, ricalcando le motivazionI già illustrare nel ricorso in appello. Il magistrato ha ritenuto prescritto il reato di abuso d’ufficio e per quanto concerne la truffa ai danni dello Stato, prescritti i fatti prima del 2008.

“Tutto il materiale probatorio acquisito in dibattimento converge verso lo stesso punto – aveva spiegato il PG – la contabilità di un’opera va fatta durante i lavori e serve per verificare la loro corrispondenza ai progetti, non può essere quindi fatta ex post e perciò se manca non si saprà mai come sono state eseguite le opere, quanto meno nelle parti non accessibili alla vista e/o agli strumenti. E questa è la situazione del porto di Imperia: non si è tenuta nessuna contabilità, nessuno sa dire come sia stato fatto. Il punto all’esito del dibattimento può dirsi pacifico, per ammissione degli stessi imputati“.

Sulla base di questi elementi si può e si deve ribaltare completamente l’approccio offerto dal Tribunale, che più volte ha dichiarato che il rapporto contrattuale tra Porto di Imperia SPA e Acquamare non imponeva e non richiedeva nessuna contabilità dell’opera e che quindi la Commissione di Vigilanza e Collaudo non avrebbe potuto ottenere quello che Porto di Imperia non aveva e che Acquamare non era tenuta a formare. Bisogna dare il giusto ordine nella gerarchia delle fonti di diritto, applicabile alla vicenda. Più in alto vi è la concessione demaniale marittima, che prevede un collaudo amministrativo (che abbiamo visto consiste nella determinazione del costo effettivo dell’opera come indicato nello stesso art.12 della concessione) e conseguentemente la consegna da parte della concessionaria di tutta la documentazione in suo possesso, funzionale al collaudo stesso.

Gerarchicamente subordinata alla concessione, ‘longeque inferior’ vi è quindi la pattuizione tra Porto di Imperia e Acquamare, essendo strumentale alla realizzazione di un’opera in forza e nel rispetto della concessione. Non è possibile ammettere teoricamente la correttezza di una pattuizione tra la concessionaria e la general contractor che impedisca alla prima di ottemperare agli obblighi della concessione.

Il ribaltamento attuato dal Tribunale è gravissimo, avendo sovvertito l’ordine delle cose: non è la Commissione di Vigilanza, non è Boni a dover stare agli accordi contrattuali tra Porto di Imperia ed Acquamare, è Acquamare, è Caltagirone a dover stare alle regole imposte dalla concessione, se si è assunto l’obbligo di costruire un’opera prevista dalla concessione demaniale marittima ed oggetto di un collaudo amministrativo che si effettua con la determinazione del costo effettivo delle opere.

L’accusa aveva sostenuto e sostiene ancora con i presenti motivi che la truffa ipotizzata fosse ai danni di un ente pubblico e che cioè la Porto di Imperia SPA fosse ente pubblico”.

Il 16 gennaio toccherà alle parti civili presentare le loro richieste di risarcimento danni.

Condividi questo articolo: