26 Dicembre 2024 07:59

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IVAN GIANESINI. DA IMPERIA A REGGIO EMILIA, UNA VITA AL SERVIZIO DELL’INGEGNERIA: “MEMORABILE LA MIA ESPERIENZA AL LICEO VIEUSSEUX, POI…”/LA STORIA

In breve: "Il liceo scientifico 'Vieusseux' mi ha segnato particolarmente, con la sua storia ed i suoi magnifici professori, che hanno sempre colto la mia natura nonostante i frequenti scontri e che hanno saputo sempre indicarmi la strada migliore da..."

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La linea ferroviaria ad Alta Velocità tra Milano e Bologna, la nuova autostrada Brescia-Bergamo-Milano, discariche in Bulgaria e in Serbia. Queste e molte altre sono le opere realizzate da Ivan Gianesini, insieme alla cooperativa in cui lavora, a Reggio Emilia.

Ivan Gianesini ha 48 anni, ha vissuto a Imperia dall’età di 3 anni fino ai 34, trascorrendo le tappe più importanti nella nostra città, ricoprendo anche il ruolo di consigliere comunali per 4 anni, dal 1995 al 1999. Ogni tassello del passato, come racconta, ha contribuito a formare la persona che è adesso, sempre alla ricerca di nuovi stimoli e di nuove sfide.

A REGGIO EMILIA LAVORA IN UNA COOPERATIVA DI COSTRUZIONI DI ALTO LIVELLO. DI COSA SI OCCUPA ESATTAMENTE?

Dopo dodici anni da Commerciale Italia e poi Export Manager sono stato eletto nel consiglio di amministrazione della Cooperativa di Costruzioni di Grandi infrastrutture per cui lavoro, la Unieco. Per capire la portata, abbiamo costruito l’alta velocità ferroviaria tra Milano e Bologna nonché la nuova autostrada Brescia – Bergamo – Milano. Oggi sono delegato del consiglio ai rapporti con i fornitori, con la compagine sociale (più di 700 persone), nonché ai rapporti con la stampa ed i mass media. Ho patito un po’ il passaggio dal lavoro sul campo a quello “sedentario”, sebbene di alto livello, ma ciò mi permette di stare vicino alle mie figlie nel periodo della loro vita, l’adolescenza, in cui la presenza del padre è forse più importante di prima”.

PER ARRIVARE DOVE È ORA, IMPERIA LE HA FORNITO GLI STRUMENTI GIUSTI? 

“Imperia, sino alla maturità del 1988, è stata la mia città dei balocchi. Memorabile ed indimenticabile l’esperienza al liceo Scientifico “Vieusseux”, fondamentale per le mie scelte (quelle serie) successive. Così come quella al circolo tennis, sport che ho dovuto abbandonare per un infortunio. Spostandomi spesso (la mia famiglia era veneto-emiliana) cercavo di portare a casa le cose belle che vedevo, in tutti i campi. Dopo essermi iscritto ad ingegneria aerospaziale all’università di Modena e poi di Milano, che ho concluso con sin troppa calma, mi sono dedicato prima alla musica (Tre anni con la band “Bonscia?Palo!”) e poi alla politica, nell’allora PDS, con l’amministrazione Berio, in qualità di consigliere comunale, dal 1995 al 1999″.

STUDIO, MUSICA E POLITICA. IN CHE MODO HANNO SEGNATO LA SUA CRESCITA?

“Il liceo scientifico “Vieusseux” mi ha segnato particolarmente, con la sua storia ed i suoi magnifici e terribili professori, che hanno sempre colto la mia natura nonostante i frequenti scontri e che hanno saputo sempre indicarmi la strada migliore da percorrere per arrivare ai miei veri obiettivi, che io poi l’abbia seguita un po’ più tardi è un’altra storia. La laurea, sebbene presa in grande fuori corso, in ingegneria aerospaziale, mi ha insegnato un metodo ed un approccio impagabili. La musica mi ha permesso di conoscere moltissima gente. La politica mi ha permesso di entrare nelle dinamiche sociali e capirle al meglio. Il mix di queste cose mi ha dato la forza e l’abnegazione necessari per raggiungere quasi tutti i miei obiettivi lavorativi”.

È STATO CONSIGLIERE COMUNALE A IMPERIA PER 4 ANNI. COME LE SEMBRA CAMBIATA LA CITTÀ DA ALLORA?

Ho cercato di fare le stesse battaglie che fanno oggi i ragazzi di Imperia: più spazi e tolleranza per musica ed arte, ma ho fallito clamorosamente, visto che ancora oggi si devono fare le stesse battaglie. Fortunatamente però non più con le istituzioni, ma con quelli che vogliono dormire.

Il segnale dovrebbe arrivare dai miei coetanei che oggi fanno parte della classe dirigente di Imperia. Sono loro che dovrebbero ricordarsi di cosa pativano negli anni ’80 e ’90 con me ad Imperia, ed invece la maggior parte di loro si è ritrovata adulta e recita il ruolo dell’adulto, manco fosse un ruolo predefinito. Avessi la macchina del tempo tornerei a trent’anni fa per raccontare a codesti “signori” la fine che avrebbero fatto, prima a lamentarsi degli adulti per poi diventare peggio di loro. Per me, una grande delusione.

C’è anche da dire che i limiti di Imperia sono presenti dappertutto. Ho viaggiato (per lavoro) per mezzo mondo non da turista ma da esploratore, come dice il filosofo Onfray nel suo “Filosofia del viaggio”. Durante le mie permanenze in varie città dei cinque continenti ho percepito i limiti della società in quanto tale. I pettegolezzi ci sono dappertutto, le cattiverie, le malignità, le invidie, l’ostracismo nei confronti del nuovo. Imperia non ne è immune, ma sembra più che ci sia una sorta di virus collettivo che tende a lasciare le cose come stanno, poco incline al cambiamento. Inoltre, il pensiero collettivo è concentrato sulle vicende imperiesi, come in un “loop” spazio temporale. Ma, ripeto, se la classe dirigente si ricordasse d’essere stata adolescente, forse determinati cambiamenti avverrebbero di default”.

COSA L’HA SPINTO A LASCIARE IMPERIA?

“Sono andato via nel 2003, con tutta la mia famiglia: mia moglie e le mie due figlie. Lo sapevo da sempre che me ne sarei andato e rifarei la stessa scelta mille volte. Le sirene dell’Emilia Romagna cantavano per me da molti anni, ed ero perfettamente cosciente che solo dove mi trovo ora avrei potuto realizzare i miei sogni. Il “La” di questa decisione è arrivato quando, da primo dei non eletti all’opposizione durante il primo mandato di Sappa, ho capito che non sarei mai entrato in consiglio comunale.

In ogni caso, torno spesso a Imperia, sebbene dopo la morte di mia madre nel 2014 mi leghino ad essa solo profonde amicizie. Qui vorrei sfatare un mito: le amicizie che si creano ad Imperia, una volta sfondato il muro della chiusura tipica dei liguri, sono veramente solide e durature”.

TORNEREBBE A VIVERE QUI?

Oggi no. Il sogno nel cassetto è però quello di tornarci una volta in pensione, a godermi la vecchiaia andando a vedere tanti concerti in loco, passando il tempo con i miei veri amici e, perché no, contribuire in qualche modo alla crescita della città”.

DIFFERENZE TRA LA VITA QUI E LA VITA A REGGIO EMILIA?

Reggio Emilia è stata la mia Eldorado. È la città delle mille opportunità e tale rimane anche in tempi di crisi. Per merito di questo tessuto sociale sono riuscito a fare il lavoro che volevo, mia moglie ha avuto accesso ad occasioni di lavoro impensabili prima ed oggi è un’apprezzata stilista internazionale che gira il mondo a sua volta. Le mie figlie sono cresciute in un contesto promiscuo, abituato all’integrazione, la possibilità di scegliere tra tante cose da fare. Non è una leggenda quella degli asili migliori al mondo, così come tutto il sistema scolastico. A Reggio Emilia, come dico sempre, si ragiona in questo modo: affinché il lavoratore possa essere sereno bisogna che i suoi affetti siano al sicuro. Ecco il perché degli asili, della scuola e dei servizi per gli anziani ai massimi livelli”.

LE SODDISFAZIONI MIGLIORI NEL TUO LAVORO?

“Aver conosciuto persone straordinarie di tutte le etnie. Non aver mai ceduto alle tentazioni del capitalismo sfrenato, essere riuscito a stare sempre vicino al mio nucleo familiare (anche grazie alla tecnologia) e aver capito in tempo quando è stata l’ora di diventare una persona “seria”. Parlando poi di alcuni esempi di progetti importanti portati a termine posso citare la discarica in Serbia, a Uzice, la discarica in Bulgaria, a Sofia, la linea ferroviaria ad Alta Velocità Milano – Bologna e l’autostrada Brebemi, Brescia-Bergamo-Milano.

Proprio le due discariche, in Serbia in Bulgaria, sono due progetti di cui vado molto fiero. La prima perché siamo stati i primi in Europa a portare a compimento un’opera completamente finanziata dalla Banca Europea per la Ricostruzione e Sviluppo. La seconda, a Sofia, perché la città era al punto di non ritorno dell’emergenza rifiuti: l’abbiamo costruita in tempi record ed ancora oggi, se mi capita d’essere da quelle parti, vengo ricordato per questa impresa al limite del miracolo”.

E LE DIFFICOLTÀ?

La crisi del mondo delle Costruzioni ha fatto danni enormi nel mondo ed anche qui. Da tre anni stiamo lavorando per riportare l’azienda al posto giusto nel mercato, dopo aver sfiorato il baratro del fallimento per ben due volte. Sono battaglie che si combattono volentieri, perché questa azienda mi ha permesso di soddisfare tutti i miei desideri non solo di lavoratore ma anche di uomo”.

UN RICORDO CHE TI È RIMASTO IMPRESSO NELLA TUA ESPERIENZA?

“Mi viene in mente un’esperienza curiosa che ho avuto in Sudan, dove mi trovavo per un progetto di Social Housing. Un giorno ho ricevuto l’invito del capo dell’opposizione in parlamento. Mi sono venuti a prendere in albergo a Karthoum e mi hanno portato in una residenza privata: metal detector, qualche mitra, guardie del corpo, telecamere e via dicendo. Mi ha accolto la servitù in una vera e propria capanna al centro di un magnifico giardino. Al Turub, un ottantenne sudanese doc con laurea ad Oxford, era un musulmano integralista, con la barba rossa come tutti quelli come lui: mi ha fatto qualche domanda in generale e poi sempre più specifica sul mondo delle cooperative. Dopo dieci minuti eravamo io e lui, con trenta e più persone ad ascoltarci, a discettare di massimi sistemi, di politica internazionale, di lotta al terrorismo, e via dicendo. Mi ha salutato dopo più di due ore augurandosi di rivedermi da Capo del governo, raccomandandomi altresì di tornare a far politica”.

PROGETTI PER IL FUTURO?

“Portare a compimento il salvataggio ed il riposizionamento dell’azienda e poi…convincere la mia Presidente a darmi la delega per l’Estero”.

UN CONSIGLIO PER RIUSCIRE A SUPERARE IL MOMENTO DI CRISI ECONOMICA CHE STA ATTRAVERSANDO IMPERIA E L’ITALIA IN GENERALE?

“Ho sempre creduto che le città non siano esseri viventi, ma semplicemente gruppi di persone che abitano vicino. Sono le persone ed il loro modus ponendi a fare una città e non viceversa. Quello che manca ad Imperia, a livello ancestrale, è il senso di aggregazione in senso stretto ed in senso lato. La crisi attanaglia a anche Reggio Emilia, ma qui le persone, le aziende e le istituzioni fanno gruppo, lavorano insieme per il bene comune. Ad Imperia ognuno pensa troppo al proprio orticello, diffidando delle idee e delle azioni altrui.

Io penso che andare a fare esperienze fuori dalla propria città sia qualcosa che anche un reggiano (od un milanese) debba fare, non solo gli imperiesi. Stare rinchiusi nel proprio ambito fa ammuffire la mente: in più il mondo del lavoro è cambiato, il posto fisso sta svanendo, la globalizzazione ha dato molte possibilità ma cancellato anche molte certezze. Chi rimane però dovrebbe farlo pensando in grande e non lasciandosi prendere a propria volta dal “loop” spazio temporale di cui sopra.

Il mio consiglio è quindi quello di lavorare sulla apertura mentale e sullo spirito di collaborazione. Condito da un po’ di sana ambizione non solo economica ma anche sociale. Perché guadagnare tanto non significa essere per forza persone migliori. Non farsi scoraggiare dalle inevitabili prime delusioni ma andare avanti con determinazione“.

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