26 Dicembre 2024 06:45

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FREDERIC VOLANTE, UN IMPERIESE NELL’ÉLITE DEL FUMETTO EUROPEO:”TUTTO È PARTITO DALL’ISTITUTO D’ARTE, QUANDO UN MIO COMPAGNO…”/LA STORIA

In breve: È la storia di Frederic Volante, 41enne, imperiese "di adozione", che ha lavorato per molto tempo per la famosa casa editrice di fumetti "Sergio Bonelli", creatrice di Tex, Dylan Dog e Nick Raider

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Ai tempi della scuola riceve in regalo un fumetto e pochi anni dopo ne diventa il disegnatore. È la storia di Frederic Volante, 41enne, imperiese “di adozione”, che ha lavorato per molto tempo per la famosa casa editrice di fumetti “Sergio Bonelli”, creatrice di Tex, Dylan Dog e Nick Raider. Proprio quest’ultimo personaggio è stato per Frederic il trampolino di lancio nel mondo dei fumetti. Ora da due anni si dedica esclusivamente a un progetto per un editore francese, Le Lombard, e sta creando l’ultimo volume di un fumetto intitolato “L’avocat”, e, in controtendenza rispetto alle scelte di molte altre persone, ha deciso di vivere e lavorare a Imperia.

COSA HA FATTO SCATTARE LA SCINTILLA PER IL FUMETTO?

“Da piccolo ho sempre disegnato, come un po’ tutti i bambini. Dopo le medie ho scelto l’Istituto d’Arte di Imperia, che mi ha fornito ottime basi. Un giorno, mi ricordo benissimo, il papà di un mio compagno mi regalò un fumetto che stava per buttare e, caso vuole, che si trattasse proprio di Nick Raider, personaggio di cui poi sarei diventato disegnatore. Non si doveva fare, ma iniziai a leggero a scuola e me ne appassionai. Finchè un giorno, un altro mio amico mi disse: “Ma non lo sai che il disegnatore è di Imperia? Ti porto a conoscerlo“. Incredulo ed emozionato andai, e fu lì che conobbi il grande disegnatore Bruno Ramella, nel suo studio sotto i portici. Gli feci vedere le mie tavole e gli piacquero. Da lì iniziò un percorso, parallelo all’Istituto d’Arte, insieme a lui, che mi ha portato ad appassionarmi ai fumetti anche dal punto di vista tecnico. Iniziai a guardarli con più attenzione, a studiarli e a fare pratica. Bruno Ramella, negli anni, diventò non solo mio collega, ma soprattutto un grande amico”.

COME SI È TRASFORMATA IN LAVORO LA TUA PASSIONE?

“Ho finito l’Istituto d’Arte da privatista perchè già avevo già il mio primo incarico alla Sergio Bonelli Editore, la grande casa editrice di fumetti italiana, creatrice di Tex, Dylan Dog e molti altri personaggi. Come ci sono finito? Bruno Ramella una volta portò delle mie tavole a Milano con lui, in mezzo alle sue. Alla casa editrice piacquero e, quando tornò, portò con sè una sceneggiatura per me. Avevo solo 18/19 anni. Gliene sarò grato per sempre. La nostra collaborazione si trasformò ben presto in amicizia. Inizialmente la sua supervisione era per me una necessità, finchè non diventò un confronto tra colleghi.

Nel 2009 poi mi è stato proposto un lavoro dall’editore francese Le Lombard e per qualche anno ho lavorato contemporaneamente per tutte e due le case. Da due anni, però, ho deciso di dedicarmi solo al lavoro francese, per semplificare le cose”.

A CHE PROGETTO STAI LAVORANDO ORA?

“Al terzo volume di una serie su un avvocato, che si chiama “L’Avocat”. La storia si ispira a un personaggio realmente esistito, un avvocato mezzo indonesiano e mezzo francese che difendeva le persone più strane che nessun altro avrebbe voluto accettare, come i terroristi per esempio, quindi un personaggio molto controverso. Nel volume che sto disegnando difende la causa di una donna accusata di crimini contro l’umanità poichè cospiratrice in Iraq, nel regime di Saddam Hussein. Collaboro da Imperia con due sceneggiatori francesi: loro mi mandano i testi e io mensilmente invio le tavole, che saranno poi colorate”.

CI SONO DIFFERENZE TRA LE CASE EDITRICI DI FUMETTI ITALIANE E QUELLE FRANCESI?

“Molte. Innanzitutto i volumi sono di un formato diverso, più grande, e sono più lunghi, come dei libri. Noi siamo abituati a puntate più brevi e serie più lunghe, mentre da loro è il contrario. Si creano tante serie nuove, di pochi volumi, che escono circa una volta all’anno. In Italia invece non si creano spesso personaggi nuovi, si continuano quelli che esistono già.

Nelle pagine dei fumetti francesi ci sono più vignette e sono a colori. Questo significa che il mio lavoro è diverso, dato che io non mi occupo del colore. Quando lavoravo per i fumetti della Bonelli, in bianco e nero, sapevo che quando finivo le tavole sarebbero state come le avevo create e, dato che non avrebbero avuto colori, erano molto più complete e dettagliate. Invece, quelle a colori francesi, dopo che le spedisco, subiscono modifiche, e avendo i colori, gioco meno con i neri”.

TU NON SEI ORIGINARIO DI IMPERIA. PER QUALE COINCIDENZE TI SEI RITROVATO QUI?

“Sono nato in Belgio, dove ho vissuto fino ai 12 anni. La famiglia di mio padre è di origine siciliana e aveva mezza idea di tornare in Italia. La scelta di Imperia è stata una bizzarra casualità. Una volta eravamo in vacanza e stavamo percorrendo tutta la Liguria. Io ero molto piccolo e, proprio mentre passavamo per Imperia, persi il ciuccio. Così mio padre decise di fermarsi qui a ricomprarmelo. Con la scusa ci fermammo a mangiare nell’hotel Piemontese e girammo la città. Ci piacque moltissimo e anni dopo, mio padre scelse proprio Imperia come meta. Avrebbe potuto comprarlo ovunque quel ciuccio, Ventimiglia, Sanremo, o chissà dove, e invece solo perchè l’ho perso qui, ora le mie radici sono a Imperia”.

UN FUMETTO DI NICK RAIDER REGALATO PER CASO, UN CIUCCIO PERDUTO A IMPERIA, INSOMMA, UNA VITA DI COINCIDENZE.

Non sono una persona che crede nel destino, sono molto pragmatico, ma, in effetti, sì. Ci sono tantissime coincidenze e “stramberie” nella mia vita e le ricordo con piacere. Per esempio, penso spesso a quando ero bambino e abitavo in Belgio e per andare a scuola con mia mamma volevo assolutamente passare davanti a un edificio che aveva sulla cima la statua di “Tin Tin e Milou”. Era una gioia vederlo e guai se non ci passavamo ogni mattina. Anni più tardi, quando iniziai a lavorare per “Le Lombard”, scoprii che la sede si trovava proprio in quel palazzo, e quando ci entrai da disegnatore fu come il coronamento di una vita, un ciclo che si chiude”.

COME MAI HAI DECISO DI LAVORARE DA IMPERIA, NONOSTANTE LE DIVERSE OCCASIONI DI TRASFERIRTI ALTROVE, MAGARI ALL’ESTERO?

“Imperia mi ha conquistato. Quando mi sono trasferito a 12 anni la città mi ha accolto a braccia aperte, mi sono sentito subito a casa. Ho ricordi meravigliosi, spazi aperti dove giocare, belle giornate, biciclette, mare, amici. Credo sia il posto ideale dove crescere i figli, io ne ho due, femmine, e sono felice che vivano qui, anche se la città è molto cambiata da quando ero giovane io. Ci sono aspetti negativi che tutti sappiamo. Imperia è quella via di mezzo che a seconda di come la vivi ti può distruggere. Io per fortuna posso prenderne solo gli aspetti positivi, perchè non ho bisogno di procacciarmi il lavoro. Lavoro da casa, mi godo il clima stupendo e mensilmente spedisco le tavole, in totale assenza di stress. Purtroppo chi invece deve cercare lavoro qui non gode della stessa tranquillità. Per questo è normale che molti scelgano di andare a cercare opportunità altrove”.

LA STORIA CHE TI È RIMASTA NEL CUORE?

“Sicuramente la prima. Non è stata la migliore che ho disegnato, ma a livello emotivo non la scorderò mai. Ci misi molto tempo, avevo solo 19 anni, con tutte le insicurezze e i dubbi, che Bruno Ramella riusciva sempre a farmi superare. Non scorderò mai l’emozione di andare in edicola e comprare il numero 159 di Nick Raider “Nessuna Pietà”, disegnato da me”. 

CI SONO ALTRI SCENEGGIATORI E DISEGNATORI DI ALTO LIVELLO QUI, PENSI CHE SIA UN “HABITAT” ADATTO A QUESTO TIPO DI LAVORO?

“Assolutamente sì. Credo che Imperia sia l’ideale per chi ha già i contatti giusti e una carriera avviata. Se invece devi ancora lanciarti allora non è consigliabile rimanere qui. Sicuramente ci sono aspetti positivi dal punto di vista della formazione, dato che qui vicino, ad Albenga,c’è la sede distaccata della “Visual School” di Milano, dove si è seguiti uno a uno, cosa impossibile nelle grandi città. Se però sono i contatti diretti che cerchi, Imperia è ai margini ed è un po’ penalizzante. Dipende quindi da cosa si sta cercando nella vita”.

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