“Mai una domanda sul perché certe ragazze siano educate a mostrare i loro corpi, mai una domanda sul patriarcato”. Così la pedagogista imperiese Alessia Dulbecco analizza i commenti, molti dal tenore scioccante, pubblicati nella giornata di ieri sulla pagina Facebook di ImperiaPost, in riferimento all’articolo su un 25enne denunciato per aver adescato 13enni su Instagram, chiedendo di farsi inviare foto “osé”.
Commenti shock sul 25enne imperiese denunciato per aver adescato ragazzine su Instagram
“Fatevi un giro su Instagram, non c’è bisogno di farsele mandare in privato. Le pubblicano direttamente sui.loro profili, ma l’adescamento è da punire…”.
“Mamme se avete le figlie t…e non è colpa di sto fallito pedofilo”.
“Ci sarebbe la parola giusta per dare una giusta definizione per entrambi le parti ma sarei sicuramente impopolare e non voglio usare termini volgari per definire questo zoccolaio”.
“E cmq mi permetta di dire che una ragazzina di 13 anni abbia Facebook e Instagram mi sembra un po’ troppo! Io a 13 anni avevo ancora il naso sporco”.
“Io arresterei lui in primis, ma anche ste ragazzine che mandano foto osé a uno sconosciuto. Ma non capiscono che è pericolosissimo?”.
Questi sono solo alcuni dei commenti postati sotto l’articolo in questione, che non sono passati inosservati ad Alessia Dulbecco, pedagogista e counsellor imperiese, per anni al lavoro al Centro Antiviolenza di Imperia e ora a Firenze dove continua ad occuparsi prevalentemente di casi di maltrattamento in famiglia e violenza contro le donne.
Ecco l’intervento della pedagogista Alessia Dulbecco
“Questi sono un paio di commenti postati da “gente comune” sotto una notizia inquietante – ha scritto Alessia Dulbecco sulla propria pagina Facebook – un 25enne della mia città adescava minorenni su Instagram convincendole poi a farsi mandare filmati e foto. Ecco, non ci vuole molto per definire questo soggetto “pedofilo”.
Peccato che per tutt* questi soggett* (uomini e donne) la colpa ricada sulle ragazzine: perché non devono avere fb, perché, sui loro profili, hanno foto che una ragazza per bene non dovrebbe avere. Perché se sembrano più grandi della loro età se ne prendono la responsabilità.
Ecco, io non metto in dubbio che si debba lavorare sulle famiglie di queste ragazze e sulle ragazze stesse in un’ottica di educazione al rispetto e un’educazione genitoriale seria sull’uso degli strumenti tecnologici.
Ma dare la colpa alle ragazze è ODIOSO. È lo stesso atteggiamento di Fabio volo che da della “puttana” ad Ariana Grande.
Mai una domanda sul perché certe ragazze siano educate a mostrare i loro corpi, mai una domanda sul patriarcato, sulle regole della violenza. Quante occasioni sprecate. (Ps. Il pedofilo è imperiese. Se fosse stato, che so, del Gambia, i commenti sarebbero stati gli stessi?)
Come si innesca questo meccanismo di far diventare “colpevoli” le vittime?
“Ci sono molti fattori in gioco – spiega la dottoressa, contattata da ImperiaPost – Chiaramente è un modo per togliersi ogni responsabilità, proiettare fuori di sé il problema e trovare i colpevoli lontano da noi.
Andando più a fondo, determinante è la cultura del patriarcato che è ancora radicata in Italia. Io personalmente ho lavorato per il centro antiviolenza di Imperia in passato e ora sono a Firenze, dove continuo ad occuparmi del mondo del maltrattamento, e ogni giorno vengo a contatto con questa impostazione patriarcale.
Spesso, in questi casi, la differenza la fa l’autore del reato. Lo stesso tipo di notizia cambia. In questo caso le ragazzine sono vittime di adescamento da parte di un ragazzo italiano imperiese, e il problema sembrano le ragazzine che hanno Instagram, le loro foto provocanti e i genitori assenti. Ovviamente gli aspetti pedagogici e l’educazione sono importantissimi e c’è tanto lavoro da fare, ma fermandoci alle reazioni delle persone esterne, sarebbero state completamente diverse se si fosse trattato di uno straniero, ad esempio. Un ragionamento tipico di una cultura molto maschilista, dove le donne sono solo oggetti e non soggetti razionali.
Sicuramente c’è una mancanza educativa forte alla base di alcuni comportamenti delle ragazze giovani. Si deve fare del lavoro dal punto di vista tecnico e sensibilizzare sui rischi dell’uso delle tecnologie, e dall’altra parte analizzare i motivi che portano le giovani a pensare, ad esempio, di dover esibire il proprio corpo per essere accettate.
Ciò non toglie che la vittima resta vittima, poi si può anche discutere sul fatto che possa avere agito in maniera più o meno corretta, più o meno morale, ma non può diventare il colpevole”.
Come si può agire per contrastare le problematiche di questo tipo sul web?
“Nel mio lavoro, tra l’altro, mi occupo anche della sensibilizzazione sull’uso consapevole degli strumenti della rete. Ricevo tantissimi giovani e, forse ancora di più, genitori che non hanno idea dei rischi che corrono i loro figli. Senza esserne consapevoli, non possono padroneggiare il problema. Ci sono tantissimi modi di adescare ragazzini online, anche tramite WhatsApp o Telegram che riteniamo spesso sicuri. C’è moltissimo da fare in merito all’educazione dei genitori.
Possiamo davvero dare la colpa a delle 13enni o noi adulti non siamo stati bravi abbastanza a dare il giusto supporto?”.
Qual è il primo consiglio che dà ai genitori?
“In caso di figli minorenni, bisogna sempre essere consapevoli di quello che fanno con il cellulare. Devono sapere quali account hanno, se e quali foto pubblicano, chi sentono, cosa guardano.
Spesso il cellulare viene dato con troppa leggerezza a ragazzini davvero giovani, delegando la responsabilità. Magari preoccupandosi che non devono spendere più di 10 euro al mese. Se un genitore non è consapevole dei rischi, è come dare le chiavi della macchina a un ragazzino”.
Imperia: “Se avete figlie t***e non è colpa di sto pedofilo”. Adesca 13enni su Instagram, commenti shock sui social / Il caso
“Mai una domanda sul perché certe ragazze siano educate a mostrare i loro corpi, mai una domanda sul patriarcato”. Così la pedagogista imperiese Alessia Dulbecco analizza i commenti, molti dal tenore scioccante, pubblicati nella giornata di ieri sulla pagina Facebook di ImperiaPost, in riferimento all’articolo su un 25enne denunciato per aver adescato 13enni su Instagram, chiedendo di farsi inviare foto “osé”.
Commenti shock sul 25enne imperiese denunciato per aver adescato ragazzine su Instagram
“Fatevi un giro su Instagram, non c’è bisogno di farsele mandare in privato. Le pubblicano direttamente sui.loro profili, ma l’adescamento è da punire…”.
“Mamme se avete le figlie t…e non è colpa di sto fallito pedofilo”.
“Ci sarebbe la parola giusta per dare una giusta definizione per entrambi le parti ma sarei sicuramente impopolare e non voglio usare termini volgari per definire questo zoccolaio”.
“E cmq mi permetta di dire che una ragazzina di 13 anni abbia Facebook e Instagram mi sembra un po’ troppo! Io a 13 anni avevo ancora il naso sporco”.
“Io arresterei lui in primis, ma anche ste ragazzine che mandano foto osé a uno sconosciuto. Ma non capiscono che è pericolosissimo?”.
Questi sono solo alcuni dei commenti postati sotto l’articolo in questione, che non sono passati inosservati ad Alessia Dulbecco, pedagogista e counsellor imperiese, per anni al lavoro al Centro Antiviolenza di Imperia e ora a Firenze dove continua ad occuparsi prevalentemente di casi di maltrattamento in famiglia e violenza contro le donne.
Ecco l’intervento della pedagogista Alessia Dulbecco
“Questi sono un paio di commenti postati da “gente comune” sotto una notizia inquietante – ha scritto Alessia Dulbecco sulla propria pagina Facebook – un 25enne della mia città adescava minorenni su Instagram convincendole poi a farsi mandare filmati e foto. Ecco, non ci vuole molto per definire questo soggetto “pedofilo”.
Peccato che per tutt* questi soggett* (uomini e donne) la colpa ricada sulle ragazzine: perché non devono avere fb, perché, sui loro profili, hanno foto che una ragazza per bene non dovrebbe avere. Perché se sembrano più grandi della loro età se ne prendono la responsabilità.
Ecco, io non metto in dubbio che si debba lavorare sulle famiglie di queste ragazze e sulle ragazze stesse in un’ottica di educazione al rispetto e un’educazione genitoriale seria sull’uso degli strumenti tecnologici.
Ma dare la colpa alle ragazze è ODIOSO. È lo stesso atteggiamento di Fabio volo che da della “puttana” ad Ariana Grande.
Mai una domanda sul perché certe ragazze siano educate a mostrare i loro corpi, mai una domanda sul patriarcato, sulle regole della violenza. Quante occasioni sprecate. (Ps. Il pedofilo è imperiese. Se fosse stato, che so, del Gambia, i commenti sarebbero stati gli stessi?)
Come si innesca questo meccanismo di far diventare “colpevoli” le vittime?
“Ci sono molti fattori in gioco – spiega la dottoressa, contattata da ImperiaPost – Chiaramente è un modo per togliersi ogni responsabilità, proiettare fuori di sé il problema e trovare i colpevoli lontano da noi.
Andando più a fondo, determinante è la cultura del patriarcato che è ancora radicata in Italia. Io personalmente ho lavorato per il centro antiviolenza di Imperia in passato e ora sono a Firenze, dove continuo ad occuparmi del mondo del maltrattamento, e ogni giorno vengo a contatto con questa impostazione patriarcale.
Spesso, in questi casi, la differenza la fa l’autore del reato. Lo stesso tipo di notizia cambia. In questo caso le ragazzine sono vittime di adescamento da parte di un ragazzo italiano imperiese, e il problema sembrano le ragazzine che hanno Instagram, le loro foto provocanti e i genitori assenti. Ovviamente gli aspetti pedagogici e l’educazione sono importantissimi e c’è tanto lavoro da fare, ma fermandoci alle reazioni delle persone esterne, sarebbero state completamente diverse se si fosse trattato di uno straniero, ad esempio. Un ragionamento tipico di una cultura molto maschilista, dove le donne sono solo oggetti e non soggetti razionali.
Sicuramente c’è una mancanza educativa forte alla base di alcuni comportamenti delle ragazze giovani. Si deve fare del lavoro dal punto di vista tecnico e sensibilizzare sui rischi dell’uso delle tecnologie, e dall’altra parte analizzare i motivi che portano le giovani a pensare, ad esempio, di dover esibire il proprio corpo per essere accettate.
Ciò non toglie che la vittima resta vittima, poi si può anche discutere sul fatto che possa avere agito in maniera più o meno corretta, più o meno morale, ma non può diventare il colpevole”.
Come si può agire per contrastare le problematiche di questo tipo sul web?
“Nel mio lavoro, tra l’altro, mi occupo anche della sensibilizzazione sull’uso consapevole degli strumenti della rete. Ricevo tantissimi giovani e, forse ancora di più, genitori che non hanno idea dei rischi che corrono i loro figli. Senza esserne consapevoli, non possono padroneggiare il problema. Ci sono tantissimi modi di adescare ragazzini online, anche tramite WhatsApp o Telegram che riteniamo spesso sicuri. C’è moltissimo da fare in merito all’educazione dei genitori.
Possiamo davvero dare la colpa a delle 13enni o noi adulti non siamo stati bravi abbastanza a dare il giusto supporto?”.
Qual è il primo consiglio che dà ai genitori?
“In caso di figli minorenni, bisogna sempre essere consapevoli di quello che fanno con il cellulare. Devono sapere quali account hanno, se e quali foto pubblicano, chi sentono, cosa guardano.
Spesso il cellulare viene dato con troppa leggerezza a ragazzini davvero giovani, delegando la responsabilità. Magari preoccupandosi che non devono spendere più di 10 euro al mese. Se un genitore non è consapevole dei rischi, è come dare le chiavi della macchina a un ragazzino”.
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