23 Dicembre 2024 11:53

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Storia: l’archeologo Fabio Negrino torna nel Ponente Ligure e in Val Tanaro per raccogliere rari indizi sui nostri antenati preistorici del Mesolitico

In breve: L’archeologo di fama internazionale Fabio Negrino dell’Università di Genova torna nel Ponente Ligure e in Val Tanaro,per raccogliere nuovi e rari indizi sui nostri antenati preistorici del Mesolitico.

Dopo l’incredibile scoperta, unica in Europa e in Asia fino ad oggi, di una sepoltura riccamente adornata di una neonata di circa cinquanta giorni, databile a 10.000 anni fa avvenuta in val Neva presso l’Arma Veirana e pubblicata su Nature Communication, prestigiosa rivista scientifica internazionale, l’archeologo Negrino torna sulle rare tracce, presenti anche nel nostro territorio, dell’uomo mesolitico, vissuto dopo l’ultima glaciazione e prima dell’arrivo da Oriente dell’agricoltura.

Archeologo di fama internazionale alla ricerca delle nostre origini in val Tanaro

I reperti di tale periodo nella nostra zona sono piuttosto rari, anche se rintracciabili e comprovanti la presenza abituale dell’uomo che probabilmente, dopo le glaciazioni, poteva spingersi a popolare quote un po’ più elevate.

Per questo motivo, oggetto di indagine attuale è la grotta di Pian dell’Arma, ribattezzata, in onore del simpatico segugio che ha tenuto compagnia all’equipe durante gli scavi, “Arma della Nina”. Scavi purtroppo già interrotti a causa di condizioni meteorologiche avverse che, come osservato in tale occasione, hanno provocato una forte erosione all’interno della cavità svuotandola, nel corso degli anni, da eventuali reperti. Ma alcune prove di scavo hanno riportato alla luce oggetti con una storia da raccontare.

Un nucleo e alcune schegge in selce, e una conchiglia forata, probabilmente usata come ciondolo. Sulla storia che possono raccontare i reperti si è concentrata la conferenza divulgativa del prof. Negrino tenuta la sera del solstizio d’estate presso il rifugio Pian dell’Arma.

“Il materiale archeologico è come una biblioteca antica. Non avendo le parole, l’unico modo per comprendere chi eravamo è il ritrovamento e l’analisi dei reperti” spiega il prof.Negrino. “E’ importante capire chi eravamo per capire chi siamo”, continua. “Siamo la diretta conseguenza di ciò che si manifestava nella preistoria”.

Durante la conferenza, sono stati presentati e descritti molti reperti ritrovati tra Val Pennavaire, Val Neva e Val Tanaro. E’ stata posta l’attenzione sul delicato equilibrio da mantenere, come comunità, tra l’incuria e l’eccesso di protezione nei confronti di tali oggetti. Durante le attività di ricerca infatti, i ricercatori non si sono limitati a studiare l’Arma della Nina, ma hanno anche recuperato e valorizzato, sottoponendoli a nuove ed avanzate analisi, antichi reperti recuperati da colei che ha iniziato le ricerche negli anni ‘50, Milly Leale Anfossi, e praticamente dimenticati in un archivio, in pessime condizioni.

I reperti derivano dall’Arma dello Stefanin, e dall’Arma di Nasino, ormai distrutta a causa di una disfunzione di tutela. Nuove ricerche possono raccontarci nuove storie e gli studi condotti con tecnologie futuribili possono aprire un varco su una dimensione temporale incredibilmente remota.

“Non abbiamo molte testimonianze del Mesolitico in questa zona, per questo sarebbe opportuno che la comunità conservasse adeguatamente i reperti”. D’altro canto, spiega il prof.Negrino, “E’ importante studiare ciò che abbiamo tirato fuori dalla terra. Invece a volte si arriva ad una sorta di “feticismo” del reperto: il bel vaso, la collana d’oro che non si possono guardare, toccare, studiare. Il rischio diventa quindi di perdere tale reperto, di perdere le informazioni che tale oggetto può restituirci”.

E perdere così la storia, che è la nostra storia. Come un adulto può tornare alla sua infanzia per comprendersi, allo stesso modo come comunità ci è offerta la possibilità, grazie a studiosi di calibro internazionale, di tornare alle nostre radici antropologiche, sociali e culturali per meglio definire il nostro presente.

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