Sono Amelia Russo, 54 anni, e Vincenza Piccinini, 37 anni, madre e figlia, le due donne accusate di maltrattamenti nei confronti di un 80enne di Imperia, residente alle case popolari di Castelvecchio.
Negli scorsi giorni, la madre è stata arrestata dalla Polizia, mentre la figlia è stata denunciata.
Anziano maltrattato da badanti: la ricostruzione
L’attività investigativa condotta dalla Squadra Mobile, guidata da Giuseppe Lodeserto e coordinata dalla Procura della Repubblica di Imperia, ha permesso di interrompere i maltrattamenti ai danni di un anziano ottantenne da parte delle due donne, la più anziana delle quali finita in carcere.
A seguito degli accertamenti, sono poi emersi nuovi retroscena. In particolare, Vincenza Piccinini si presentava come nipote dell’80enne, senza esserlo realmente, prendendo la residenza nel suo appartamento. L’obiettivo era quello di impossessarsi dell’alloggio popolare, poiché, in base alla legge regionale, in caso di decesso dell’assegnatario, subentrerebbero i familiare oppure chi dimostri di averci abitato per i 48 mesi precedenti alla morte.
Nel frattempo, la più giovane delle indagate si occupava di ogni pratica relativa all’anziano, riducendo al minimo le “uscite”, secondo quanto ricostruito anche attraverso la somministrazione di cibi scaduti per risparmiare.
Per tranquillizzare l’unico figlio rimasto in contatto telefonico col padre, gli veniva riferito che l’anziano stava bene ma era diventato sordo e quindi non poteva sentirlo, pertanto avrebbe dovuto “accontentarsi” di un rapido saluto e di qualche filmato pre-registrato (magari in quei pochi momenti in cui l’uomo veniva lavato e messo a sedere) ed inoltrato via Whatsapp.
“Badanti fantasma”: i retroscena dell’indagine
L’indagine, inoltre, ha fatto emergere anche ulteriori illeciti. L’anziano, infatti, oltre che dalle badanti “aguzzine”, è risultato aver ricevuto assistenza anche da badanti “fantasma”: potendo approfittare della gestione esclusiva dell’anziano, la Piccinini ha assunto fittiziamente, nel periodo estivo, una badante straniera, che grazie al (falso) contratto di lavoro ha potuto chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno scaduto.
Addirittura, per far si che in caso di controlli la giovane straniera potesse fornire una precisa ricostruzione dei luoghi e “mascherare” la fittizietà del contratto di lavoro, l’indagata l’aveva accompagnata a casa dell’anziano, istruendola anche sulle ulteriori circostanze da riferire nel caso in cui l’artificio fosse venuto alla luce. Peccato, però, che dell’anziano non si sia mai realmente occupata e che addirittura abbia dovuto pagarsi da sola i contributi previdenziali.
Sono in corso, sul punto, ulteriori indagini, finalizzate a verificare l’eventuale falsità anche di ulteriori contratti di lavoro stipulati (apparentemente) dall’anziana vittima con altri “badanti immaginari” che risultano assunti negli anni precedenti, oltre che a disvelare il “corrispettivo” a beneficio dell’indagata per la disponibilità a stipulare i falsi contratti di lavoro.