22 Novembre 2024 19:53

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22 Novembre 2024 19:53

Imperia: “Timbrare in mutande non è reato”. Ecco perchè è stato assolto il vigile Alberto Muraglia/Le motivazioni

In breve: "Muraglia apriva il mercato annonario una ventina di minuti prima, al fine di consentire agli operatori di entrare, approntare i banchi e sistemare sugli stessi la merce".

“Anche ammesso che talvolta il Muraglia abbia timbrato in mutande o in abiti succinti non va dimenticato che le contestazioni mosse al predetto imputato erano di falso e di truffa, non di atti osceni o di atti contrari alla pubblica decenza (illeciti anch’essi, comunque, insussistenti in quanto allorchè timbrava in mutande il Muraglia era visto solo dai finanzieri che avevano collocato le telecamere).
Se i media hanno fatto delle immagini del vigile in mutande, diffuse senza risparmio da giornali e televisioni, il simbolo di un malcostume generalizzato dei pubblici dipendenti […] questo giudice ritiene, in adesione a quanto sostenuto dalla difesa, che la timbratura in abiti succinti non costituisca neppure un indizio di illiceità penale e che abbia una sua spiegazione logica e non connotabile come indizio di illiceità”.

Così scrive il giudice del Tribunale di Imperia Paolo Luppi in merito allo posizione di Alberto Muraglia, il tanto discusso “vigile in mutande”, nelle motivazioni della sentenza di assoluzione nell’ambito del processo sui “furbetti del cartellino” del Comune di Sanremo.

Imperia: “Furbetti del cartellino”, assolto Alberto Muraglia. Ecco le motivazioni

Il rilievo mediatico

Va sottolineato che l’inchiesta che ha condotto al presente processo e, a monte, all’applicazione di molte misure cautelari custodiali (anche il Muraglia ne è stato attinto), ha visto sui media detto imputato elevato a simbolo di un assenteismo diffuso, coinvolgente un’ampia fetta del personale dipendente del comune di Sanremo.

All’indomani degli arresti operati sono comparse sui mezzi di informazione nazionale (e non solo) le immagini del Muraglia che timbrava il proprio cartellino marcatempo in mutande e canottiera o, comunque, in abbigliamento succinto.
Se queste immagini hanno contribuito a orientare i giudizi dell’opinione pubblica nella valutazione complessiva dell’operato dei dipendenti pubblici, ovviamente questo giudice le ha prese in considerazione esclusivamente al fine di desumerne elementi utili a sondarne la rilevanza ai fini della dimostrazione delle accuse mosse al menzionato imputato. 

Il lavoro di Muraglia

Dato di fondamentale importanza è che gli uffici del servizio annonario (dove era collocato l’apparecchio marcatempo presso il quale erano poste le telecamere da cui sono state ricavate le immagini del Muraglia mentre timbrava) erano situati in ambiente confinante con l’appartamento del predetto imputato.
Muraglia, per timbrare, doveva solo aprire la porta che separava il proprio alloggio dall’ufficio e percorrere una decina di metri.

Nella maggior parte dei casi le timbrature di inizio-servizio venivano effettuate in orari in cui gli uffici annonari erano deserti, (verso le ore 6,00 del mattino).

Muraglia (che, di regola, doveva prendere servizio e timbrare il badge alle ore 6,00) apriva il mercato annonario una ventina di minuti prima, al fine di consentire agli operatori (con i quali aveva raggiunto un accordo in tal senso) di entrare, approntare i banchi e sistemare sugli stessi la merce.

Va sottolineato che, pertanto, tali attività di sua competenza venivano svolte dal Muraglia prima delle ore 6,00 (mentre solo a partire da quell’ora – di formale inizio del servizio – egli maturava il diritto alla retribuzione).

Muraglia, prima di prendere servizio all’orario indicato (5,30 – 5,35), usciva di casa (normalmente senza divisa, magari indossando una felpa o una tuta o altro) per verificare che non vi fossero veicoli parcheggiati in zona mercato e per avere il tempo, in caso di veicoli da far spostare, di chiamare la ditta incaricata della relativa rimozione.

Che il Muraglia, di regola, fosse presente sul mercato a partire dalle 5,30 – 5,35 è comprovato da informazioni testimoniali rese da varie persone in sede di indagini difensive.

[…]Senza la collaborazione del Muraglia, senza l’apertura dell’accesso al mercato, senza l’individuazione dei veicoli in sosta vietata e senza la rimozione degli stessi, senza la spunta dei banchi, senza l’effettuazione di tali attività in modo tempestivo il mercato non sarebbe potuto iniziare in orario. Da questi dati non si può prescindere […].

Accuse a Muraglia

Timbrare in mutande

La tesi del PM è che il Muraglia timbrasse in mutande o si facesse timbrare il proprio cartellino dalla moglie o dalla figlia senza poi prendere effettivo servizio nel momento corrispondente (quando la timbratura riguardava l’inizio del turno) o avendo già in precedenza abbandonato il servizio (quando la timbratura concerneva la fine del servizio).

Il Muraglia, come si è detto, iniziava a lavorare (senza essere per questo retribuito!) 25 – 30 minuti prima dell’effettiva presa di servizio attestata con la timbratura. Effettuava, appena alzato, un giro in scooter delle aree interessate dal mercato per poter chiedere l’intervento della ditta incaricata della rimozione dei veicoli che occupavano l’area mercatale.

Attesa l’urgenza di un tale sopralluogo è assolutamente verosimile che il Muraglia, appena alzatosi, compisse tale attività prima di avere indossato la divisa (magari indossando qualcosa sopra il pigiama, in tuta, o comunque in abiti borghesi). Presa nota dei veicoli da rimuovere, chiamata la ditta che doveva effettuare la rimozione, egli timbrava il cartellino, talvolta prima di essersi completamente rivestito o vestito (se era uscito indossando qualcosa sopra il pigiama).

[…] La difesa del Muraglia ha persistentemente e pervicacemente sottolineato che il proprio assistito anteponeva a tutto l’urgenza di effettuare gli adempimenti di cui si è detto prima delle ore 6,00.

Per questa ragione egli appena alzato, indossando rapidamente un paio di pantaloni e una giacca (in ogni caso abiti civili), magari sopra il pigiama, usciva, apriva l’accesso al mercato, faceva un rapido giro in moto, prendeva nota dei veicoli da rimuovere, rientrava a casa (forse, nei pochi minuti a disposizione beveva un caffè), si spogliava e mentre vestiva la divisa si portava nei locali (confinanti con la sua abitazione, deserti alle sei della mattina) in cui si trovava la timbratrice, timbrava e (prima, dopo o durante la timbratura), se necessario, chiamava la ditta incaricata della rimozione e scendeva in strada iniziando il servizio.

Va tenuto presente che al Muraglia, attesa la comprovata assenza di un movente ad anticipare gli orari in cui elevava le contravvenzioni, non sarebbe costato nulla indicare un orario successivo alle ore 6,00 (commettendo, in questo caso si, un falso) in relazione ad infrazioni accertate 15, 20, 25 minuti prima.

[…] Il dato della timbratura in abiti succinti (ma il discorso vale anche per la timbratura effettuata tramite terzi) risulti assolutamente irrilevante quando non accompagnato dalla prova dell’assenza effettiva dal servizio o, come in questo caso, quando sussiste prova certa della presenza in servizio del dipendente.

Contravvenzioni alla stessa ora

Il Muraglia, a riprova della sua presenza al lavoro ben prima della timbratura, ha prodotto i verbali delle contravvenzioni elevate a veicoli da rimuovere. In alcuni casi questi verbali riguardano più veicoli contravvenzionati in uno stesso orario, antecedente le ore 6,00 ora di formale presa del servizio.

Poiché l’accertamento (visivo) della presenza dei veicoli in sosta vietata e da rimuovere avveniva quasi contestualmente (o a distanza di pochissimi minuti) il Muraglia, così come altri suoi colleghi (quando erano questi ultimi ad elevare le contravvenzioni), indicava nei verbali un orario unico e sovrapponibile (es.: hh 5,45).

Il PM, sulla sola base di tale sovrapposizione di orari ha contestato la falsità di detti verbali e ha altresì, aperto, accanto al presente, un procedimento penale (RGNR n.1656/16 – RGGIP n.1484/17) nei confronti del Muraglia e del titolare di fatto dell’azienda che operava le rimozioni per il reato di cui all’art. 356 cp. (Frode in Pubbliche forniture).

Lo stesso procedimento che vedeva Muraglia e il titolare dell’azienda imputati in concorso (ex artt.110 e 117 cp) del reato di cui all’art.356 cp si è concluso con un’assoluzione dei due imputati per insussistenza del fatto.

Terze persone per controllare auto in divieto di sosta

Anche l’obiezione per cui il Muraglia non sarebbe sceso a fare il “tour” in moto per verificare la presenza di veicoli in sosta vietata e da rimuovere ma si sarebbe avvalso di una rete di persone (titolari di banchi sul mercato o addetti alla rimozione) che lo avvertivano e lo facevano scendere e iniziare il servizio effettivo solo se necessario, appare frutto di una mera ipotesi, non agganciata a solidi elementi probatori.
Si rammenta che nessuna attività di osservazione, pedinamento, controllo etc. ha mai attestato l’assenza del Muraglia dal servizio negli orari indicati.

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